Gaza, comizio in trasferta per Boldrini & Co: vogliono altri soldi per i filo-Hamas
Turisti nell’orrore. Una delegazione di quattordici parlamentari della sinistra è in gita culturale a Rafah, la punta sud della Striscia di Gaza. Capo-comitiva la preside e presidenta Laura Boldrini, professore di complemento il piddino Andrea Orlando, genitore in affiancamento il verde Angelo Bonelli, studenti discoli il suo discepolo Nicola Fratoianni, il piddino Alesandro Zan e il comunista Arturo Scotto, incaricato di tenere il diario di bordo intitolato “Compagno è il mondo”, come si evince dalla camicia di lino che posta in bella mostra in valigia prima della partenza. Seguono comprimari.
IMPARZIALITÀ - La comitiva si affida, per avere un quadro chiaro e imparziale della situazione, all’Unrwa, l’associazione dell’Onu predisposta ad assistere la popolazione palestinese che vanta dodici membri sospettati di essere implicati nella strage del 7 ottobre, quando i terroristi di Hamas trucidarono oltre mille israeliani. L’accusa al personale delle Nazioni Unite è di stare con gli assassini e di avere avuto un ruolo attivo nella mattanza. Ciononostante, Boldrini e compagni pendono dalle loro labbra e, come telescriventi umane, riversano alle agenzie la visione di Gaza secondo chi tifa per i tagliagole.
Bonelli, Boldrini e... carovana dei compagni a Gaza, ecco chi spunta nella "delegazione"
La premessa è che dieci Stati occidentali hanno sospeso gli aiuti all’Unrwa, alla quale veniva corrisposto un miliardo e 200 milioni l’anno, dopo la scoperta del collaborazionismo dell’organizzazione con i terroristi. I cospicui stanziamenti, elargiti tra gli altri anche da Israele, non hanno risolto un solo problema di Gaza ma l’organizzazione umanitaria rivuole i quattrini e allo scopo si serve anche della grancassa dei nostri parlamentari. I bambini della Striscia sotto il livello minimo di nutrizione sono passati dall’1 al 15%, a Rafah c’è un bagno ogni seicento persone e in prospettiva nei prossimi sei mesi scoppieranno epidemie che causeranno 85mila morti. Per di più, Israele terrebbe bloccati, per controllarli, 1.500 camion di aiuti. I controlli durano trenta giorni e basta un articolo sospetto perché venga sequestrato tutto il carico.
Attualmente c’è un braccio di ferro tra l’Unrwa e le altre associazioni umanitarie, che la sostengono, e gli Stati Occidentali per convincere questi a riprendere i finanziamenti. La pressione è altissima e l’agenzia delle Nazioni Unite gioca tutte le sue carte; ha aperto tutte le sue strutture, sono decine nella Striscia, per accogliere oltre un milione di senza tetto palestinesi.
La sinistra, ben oltre la delegazione dei 14 parlamentari descamisadi, ha fatto la sua scelta. Il campo è ormai talmente largo da includere i terroristi di Hamas. Nessuna solidarietà a Israele, solo la richiesta di cessare il fuoco e riprendere a iniettare denaro a Gaza, dove i quattrini vengono utilizzati principalmente per costruire la città sotterranea dei terroristi e finanziarne la guerra. Il 7 ottobre è dimenticato, la richiesta di Gerusalemme di sapere quanti ostaggi sono ancora vivi prima di sedersi al tavolo è interpretata come una scusa per non partecipare alle trattative di pace, che sono riprese al Cairo tra Egitto, Stati Uniti, Hamas e Qatar. Il primo obiettivo è sospendere le ostilità per sei settimane in cambio del rilascio di 42 ostaggi, senza che il governo israeliano sappia che ne è degli altri cento che resterebbero nelle mani dei terroristi.
Sono condizioni inaccettabili per Bibi Netanyahu perché consentirebbero ai terroristi di riorganizzarsi, non chiuderebbero il problema dei cittadini dello Stato Ebraico nelle loro mani, lascerebbero prosperare Hamas nella Striscia come vincitore, grazie al sangue dei martiri involontari palestinesi, la cui responsabilità della morte la comunità internazionale vuol far ricadere tutta sulle spalle del premier israeliano e degli ebrei ultra-ortodossi.
POSIZIONE CHIARA - La posizione del governo italiano è determinatamente a fianco dell’Occidente; per la precisione, con gli Stati Uniti, i cui rapporti con l’esecutivo di Gerusalemme si stanno complicando perché non c’è un’intesa su come la guerra deve finire. In un contesto complicatissimo e drammatico la nostra delegazione parlamentare fa opera di testimonianza di parte. La sinistra veicola il messaggio per cui, risolta la situazione di Gaza, tornerebbe la pace ed è Israele il solo responsabile della guerra. In realtà nella Striscia non ci sarà mai pace finché sopravviverà Hamas e, se finisse il conflitto oggi, Israele lo avrebbe perso, mediaticamente e sul campo, e non avrebbe risolto il problema di rendersi immune da nuovi attacchi come quello del 7 ottobre.
Peraltro, poiché la Striscia è solo uno degli scenari della guerra globale che l’Iran sta muovendo in tutto il Medio Oriente, una tregua non risolverebbe il problema di Hezbollah, che proprio ieri ha fatto partire un missile dal Libano che ha ucciso un civile israeliano, e tantomeno quello degli Hutui, i guerriglieri yemeniti che attaccano le imbarcazioni di passaggio nello Stretto di Suez e le navi militari della missione internazionale capitanata dall’Italia per mettere in sicurezza la navigazione del Canale. Quando torneranno dalla loro avventura, i nostri viaggiatori riempiranno i talk show raccontando della loro toccante esperienza e finendo per diventare degli inconsapevoli portavoce della causa di Hamas.