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Antonio Decaro, il sindaco pensa al suo futuro politico: un polverone interessato

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Gianluigi Paragone
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Certe frasi non c’è bisogno di interpretarle: si prendono per quello che sono. E sabato, Michele Emiliano ha detto che siccome Antonio Decaro, allora assessore della sua giunta, era stato minacciato mentre stava facendo i sopralluoghi per la ztl «lo presi, in due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e andai a dirle che questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare...».

Se queste esatte parole fossero state usate da un qualsiasi esponente del centrodestra, Repubblica le avrebbe sparate a carattere cubitali cominciando una campagna. Invece ieri su Repubblica il richiamo a quanto detto da Emiliano era quasi nascosto. Di contro, nei giorni precedenti, lo stesso giornale ha sparato a palle incatenate contro il ministro Piantedosi colpevole di volere chiarezza su certi rapporti tra l’amministrazione comunale e la sua partecipata ai trasporti su cui sta indagando la magistratura.

Il ministro non aveva mai affiancato in alcun modo la figura di Decaro né ad ambienti mafiosi né a responsabilità dirette: ha solo predisposto - su invito del prefetto- una commissione di accesso al Comune di Bari perché, appunto, la Amtab è finita al centro di una seria inchiesta giudiziaria per voti di scambio. Non si è mai sognato, Piantedosi, di dire quel che ha detto Emiliano: l’ho portato a casa della sorella del boss perché è un mio uomo. Come se fosse una gara a chi è forte.

 

Il sillogismo cautelativo del ministro è il seguente: Amtab è una società in house del Comune, unico azionista, della quale il sindaco Decaro ha la delega; il pm ha ravvisato infiltrazioni di clan mafiosi; il ministro vuole verificare se ci sono o meno le condizioni di un eventuale commissariamento del Comune anche alla luce della decisione del tribunale di Bari di sottoporre ad amministrazione controllata la ex municipalizzata. Punto.

Se il ministro avesse avuto solo il sospetto che il sindaco fosse responsabile o avesse responsabilità non lo avrebbe chiamato in un incontro a quattr’occhi per dargli la possibilità di chiarire, un incontro di pari intensità politica a quell’altro incontro - di cui tanto si sta parlando- coi parlamentari locali. Insomma Piantedosi si è confrontato con entrambe le parti e poi ha deciso di predisporre un comitato che non è il commissariamento.

Adesso però Decaro fa la vittima, in più gli tocca pure giustificare le parole del suo ex sindaco Emiliano... Tra l’altro egli è il presidente dell’associazione nazionale dei comuni italiani; non mi risulta che a fronte dei 15 scioglimenti decisi da questo governo, abbia il “leader” dei sindaci italiani abbia aperto bocca né tantomeno abbia usato parole tanto pesanti a difesa dei colleghi, alcuni a fine mandato. Nè ha mai fiatato di fronte alle 137 commissioni d’accesso decise dai vari governi da quando lui è alla guida dell’Anci.
Allora che cosa sta accadendo?

Semplice, che il sindaco di Bari poiché non si può più ricandidare avendo svolto due mandati (limite che non mi trova d’accordo) sta allungando il proprio sguardo alla politica nazionale e ha bisogno di maggiore mediaticità. L’ha trovata, distorcendo una sacrosanta decisione del ministro dell’Interno, autentico uomo di Stato (e sfido chiunque a negarlo). È il sindaco che sta politicizzando la questione in vista della prossima candidatura alle Europee. Altro che “atto di guerra”, come irresponsabilmente ha detto Decaro troppo impegnato a piangersi addosso per non pensare che purtroppo non lontano da noi si stanno combattendo guerre vere. Buona campagna elettorale, sindaco; se ha argomenti più seri per finire in prima pagina ci avvisi.

 

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