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Jobs Act, Schlein spacca il Pd. Renzi ai riformisti: "Come fate a rimanere?"

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Elly Schlein proprio non riesce a portare avanti una campagna elettorale che non implichi divisioni interne o spot elettorali per gli avversari. Dopo aver lanciato la campagna del generale Vannacci e di Giorgia Meloni, la segretaria del Pd ha deciso di spaccare il partito. L'intricatissimo risiko delle candidature risolto dalla Schlein sembrava aver quietato la guerra fra le correnti dem, ma la sua decisione di sostenere il referendum della Cgil contro il Jobs Act ha fatto esplodere tutto.

Una grande fetta del partito è in rivolta dato che quella legge fu opera proprio del Partito Democratico. Certo, si trattava del Pd renziano, ma molti dei protagonisti di quella stagione militano ancora tra le fila del partito. Elly Schlein però tira dritta: "Ho già detto in questi giorni che molti del partito democratico firmeranno, così come altri legittimamente non lo faranno. Io mi metto tra quelli che firmeranno, non potrei far diversamente visto che era un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso ed ero in piazza con la Cgil nel 2015 ed è il secondo referendum che firmo per l’articolo 18".

 

 

Ma i sostenitori della riforma non hanno intenzione di stare a guardare. "Se proprio voleva fare questa forzatura poteva farlo prima di Conte. Rimango contraria. In molti come me" attacca Marianna Madia. Come lei, l'ex capogruppo alla Camera, Simona Malpezzi: "Non firmerò e penso sia sbagliato firmare". Anche Lorenzo Guerini parla di n Pd che "guarda nello specchietto retrovisore". Non poteva poi mancare l'attacco di Matteo Renzi che invoca la scissione dei riformisti: "Elly Schlein firma i referendum contro il Jobs Act. La segretaria del Pd firma per abolire una legge voluta e votata dal Pd. Finalmente si fa chiarezza. Loro stanno dalla parte dei sussidi, noi dalla parte del lavoro. Amici riformisti: ma come fate a restare ancora nel Pd?".

 

 

Schlein non ha però intenzione di arretrare su un tema che fu centrale nel suo manifesto che le permise di essere eletta segretaria. Proprio le primarie sono lo strumento che rivendica per legittimare la sua scelta: "Il Pd fa i congressi come altri non fanno… Io non vedo oggi un partito diviso e frammentato come tanti che spingono a raccontarlo e non ho visto in quest’anno in Europa un partito in grado di recuperare dopo la brutta sconfitta dell’anno scorso 6 punti percentuali nei sondaggi e assestarsi nelle elezioni, sia dove abbiamo vinto che dove abbiamo perso, spesso come primo partito".

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