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Sinistra, dopo 20 giorni di lagne ammettono che in Italia non c'è alcuna censura

Alberto Busacca
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Cucù, la censura non c’è più. Per tre settimane (dopo il caso del monologo di Scurati sul 25 aprile che non è andato in onda sulla Rai) la sinistra di ogni ordine e grado ha continuato a ripetere che in Italia era scomparsa la libertà di parola. Gli slogan erano un po’ sempre i soliti: «Deriva orbaniana», «svolta illiberale», «allergia al dissenso», «democrazia ristretta» eccetera eccetera eccetera... Il Salone del libro di Torino, che si è appena concluso, è stata l’occasione per far incontrare tanti dei sedicenti e aspiranti censurati. Ma alla fine, guarda un po’, viene fuori che la storia dell’Italia dove c’è sempre meno libertà non è poi così vera...

A spiegarlo, ieri sulla Stampa, è stata Annalisa Cuzzocrea, con un pezzo intitolato “E la destra si rassegnò al potere del libro” (il libro, naturalmente, è di sinistra per definizione...). «La verità», ha scritto la Cuzzocrea, «è che la parola se la sono presa i libri, e che per la censura non c’è ancora posto in questo Paese». Insomma, è il più classico dei “contrordine, compagni”. «Per la censura non c’è ancora posto in questo Paese». Bene. Noi lo sapevamo già, a dire il vero, resta da capire di che cosa abbiamo discusso negli ultimi venti giorni...

 

 

La Cuzzocrea elenca poi tutte le cose che le sono piaciute: «Non c’è stata censura e non c’è stata soprattutto autocensura. Salman Rushdie ha potuto dire alla presidente del Consiglio di essere meno infantile, Antonio Scurati ha denunciato la deriva illiberale che mette gli intellettuali come bersagli sulle card elettorali e che sogna di riscrivere la storia, Elena Cecchettin ha fatto il suo monologo con una maglietta con su scritto Stop al genocidio, Eshkol Nevo ha parlato del momento più triste e tragico della storia di Israele, Zerocalcare è uscito a incontrare i manifestanti pro Palestina e a un gruppo di ragazzi è stato permesso di tenere un’assemblea dentro al Salone. Don Wislow ha avvisato su Trump: “È un traditore, razzista e fascista. Se sarà rieletto distruggerà gli Stati Uniti”. Elizabeth Strout ha detto che mai e poi mai avrebbe pensato di vedere il suo Paese, gli Stati Uniti, tornare indietro sull’aborto e avere paura della parola. Gino Cecchettin ha portato la luce di sua figlia Giulia e del progetto contro la violenza a lei dedicato dentro a una sala commossa e partecipe in cui non c’è stato spazio per l’odio». Insomma, a parte l’evento con Gino Cecchettin, si contano due interventi contro Giorgia Meloni, due critici nei confronti di Donald Trump e cinque anti-israeliani. Niente male, d’altra parte si sa che quando i progressisti parlano di libertà di parola intendono che devono averla soltanto loro...

 

 

Eppure, secondo la Cuzzocrea, fuori dal Salone i rischi ci sono ancora: «C’è, nel Paese, il tentativo di controllare tutti gli spazi di informazione e di cultura, ma ci sono vivi, accesi, forti, gli anticorpi per impedirlo». Ed ecco il solito elenco di quello che non va: «Il caso Scurati, la goffaggine dei nuovi dirigenti Rai, l’idea di Eni di vendere l’agenzia di stampa Agi al parlamentare della Lega Angelucci» (Agi dove tra l’altro lavora il marito della Cuzzocrea, ma sicuramente lei non si fa condizionare...). Questi, conclude, «sono stati boomerang che hanno portato il Guardian a titolare sull’Italia di Meloni: “La politica della democrazia illiberale”. Il riverbero tetro di questi tentativi è finito sui giornali di tutto il mondo, rovinando l’immagine rassicurante su cui la presidente del Consiglio aveva lavorato – con successo – nell’ultimo anno». Già, lo sappiamo come funziona il giochino. Loro lanciano l’allarme: «I giornali internazionali dicono che con la Meloni c’è meno libertà». Poi, andando a leggere i pezzi, si scopre sempre che i giornali internazionali si sono basati, per formulare i loro giudizi, sui lamenti dei soliti intellettuali militanti. Cosa che è successa anche col pezzo del Guardian. 

Come sono arrivati a parlare di democrazia illiberale? Dando retta alle denunce proprio di Scurati. Leggiamo: «Uno dei principali scrittori italiani, Antonio Scurati, ha accusato la Rai di censura dopo che un invito a tenere un discorso sull’antifascismo è stato ritirato all’ultimo minuto. In un’intervista dopo la vittoria elettorale della Meloni nel 2022, Scurati ha distinto tra il fascismo del XX secolo e la destra radicale moderna, osservando: “Il vero pericolo non riguarda la sopravvivenza della democrazia, ma la qualità di quella democrazia”. Come la sua esperienza sembra sottolineare, si è trattato di un giudizio preveggente». Speriamo che adesso qualcuno spieghi al Guardian che i compagni si erano sbagliati. E che finalmente si sono accorti che, nel nostro Paese, «per la censura non c’è ancora posto»...

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