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Chico Forti, la sinistra ha perso la parola: ecco cosa dicevano poco tempo fa

Bonelli

Tommaso Montesano
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Lo scorso lunedì 15 gennaio, sul caso di Chico Forti i deputati del Pd Andrea Orlando, Vincenzo Amendola e Diego Di Sanzo sfidarono il governo in commissione Affari esteri. Lo fecero utilizzando l’arma del “sindacato ispettivo”, ovvero un’interrogazione ai ministri Antonio Tajani (Esteri) e Carlo Nordio (Giustizia).

Sul tavolo, la controversia giudiziaria che il 23 dicembre 2020 l’allora capo della Farnesina, il grillino Luigi Di Maio, si era vantato di aver risolto: «Ad oggi non si sono avute più notizie ufficiali dello stato del procedimento di trasferimento in Italia del nostro connazionale». Quindi l’interrogazione, appunto, al governo di Giorgia Meloni sia per capire «quale sia lo stato della procedura di trasferimento di Chico Forti in Italia e quali siano le motivazioni che ne stanno rallentando l’iter», sia per conoscere «quali iniziative, per quanto di competenza, il governo stia ponendo in essere per garantire un celere trasferimento in Italia di Chico Forti».

C’è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui il Pd usava la vicenda giudiziaria dell’imprenditore trentino detenuto negli Stati Uniti per fare polemica contro il centrodestra. Per attaccare. Eppure oggiche Forti è tornato in Italia proprio grazie al quell’esecutivo che i dem in Parlamento accusavano sostanzialmente di inerzia, a sinistra e all’opposizione domina - salvo poche eccezioni - il silenzio.

 

 

Le reazioni si contano sulla punta delle dita. Uno che si è fatto sentire, ad esempio, è Angelo Bonelli, esponente di Alleanza Verdi Sinistra: «Bene Chico Forti che torna in Italia, una lunga battaglia che dura da anni. Ora facciamo eleggere Ilaria Salis e liberiamola». C’è sempre un secondo fine, dunque: va bene il rientro di Forti, ma Salis... «Mi fa davvero molto piacere per Chico e la sua famiglia. Devo però constatare i due pesi e le due misure, tipici della destra, tra Forti e Ilaria Salis», ha aggiunto su Facebook il capogruppo di AVS al Senato, Peppe De Cristofaro.

Poi hanno detto la loro Enrico Costa di Azione - «davvero non comprendo questo tripudio di governo su Chico Forti. Va bene la soddisfazione per l’azione diplomatica andata a buon fine, ma la presidente del Consiglio che lo va ad accogliere all’aeroporto non ha nessun senso» - e Benedetto Della Vedova di +Europa: «Grande soddisfazione. La forza, resistenza e tenacia di Chico sono stati giustamente ricompensati». Non una riga sul riconoscimento dell’azione diplomatica del governo dopo lo stallo successivo all’annuncio di Di Maio, ma è già qualcosa. Sempre meglio del silenzio- e del gelo - che si avverte dalle parti dei due principali partiti del “campo largo”, Pd e M5S.

Eppure erano stati proprio loro, specialmente i pentastellati, ad esultare per l’annuncio con il quale Di Maio, alla guida della Farnesina nel governo giallorosso di Giuseppe Conte, annunciava di aver piegato la resistenza degli americani. «Ho una bellissima notizia da darvi: Chico tornerà in Italia. L’ho appena comunicato alla famiglia e ho informato il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio. Il governatore della Florida ha infatti accolto l’istanza di Chico di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo e di essere trasferito in Italia».

Era il 23 dicembre 2020 e dal centrosinistra si levarono grida di giubilo. Il premier di allora, Conte, definì «davvero una bella notizia» quello che sembrava il «prossimo ritorno in Italia» di Forti. Quindi il tributo a «Di Maio e a tutto il corpo diplomatico italiano per la determinazione e l’impegno che hanno permesso di raggiungere questo importante risultato».

 

 

A cascata, arrivò l’esultanza di Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, grillino pure lui: «Grazie al grande lavoro diplomatico coordinato dal ministro Di Maio, siamo riusciti a mettere fine a una vicenda che si trascinava, senza esiti, da vent’anni». Caso chiuso, insomma. «Orgogliosi dite, ministro Luigi Di Maio», aggiunse il Movimento.

Quell’annuncio di Gigino conquistò tutti. Sulla pagina Facebook dei deputati del Pd ancora oggi è possibile leggere, alla data del 22 dicembre 2020, questo post: «Chico Forti rientrerà in Italia. Una gran bella notizia, un gran bel regalo di Natale. Il frutto di un gran lavoro di diplomazia. Da 20 anni Chico è detenuto negli Stati Uniti tra tantissimi dubbi e ora beneficerà della Convenzione di Strasburgo riabbracciando finalmente i suoi cari. Ti aspettiamo Chico!». Perfino Pietro Grasso, ex presidente del Senato, in quel momento senatore di Liberi e Uguali (LeU), si unì al coro per celebrare l’“impresa” di Di Maio: «Finalmente Chico Forti tornerà in Italia. Grazie a chi ha sempre tenuto alta l’attenzione su questa vicenda, grazie al ministro Di Maio che ha reso possibile questo risultato. Una bellissima notizia!».

Tre anni e mezzo dopo, la gioia per un semplice annuncio ha lasciato il passo all’irritazione per l’arrivo di Chico in Italia. Basti citare il titolo del pezzo che ieri pomeriggio appariva su Repubblica: «Chico Forti: dal quiz a Telemike agli appelli al GF, dai servizi delle Iene al “bentornato” di Meloni. Ecco come è diventato un’icona di destra».

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