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M5s, il programma per le Europee: nuove tasse e 750 miliardi per gli alberi

Michele Zaccardi
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Ci sono nuovi fondi per finanziare la qualunque e proposte bizzarre, come il congedo mestruale. E poi la riproposizione di alcuni cavalli di battaglia: reddito di cittadinanza e Superbonus. Che ci sta, figurarsi: alle elezioni è la propaganda che conta, mica la realtà. Anche perché, a Bruxelles, a decidere sono ancora i governi nazionali, non certo il Parlamento, e dunque quelle baracconate da campagna elettorale rimarranno tali. Epperò, se non si sapesse con chi si ha a che fare, verrebbe da chiedere po’ di decenza: ché, dopo tutto, sempre del secondo partito di opposizione si tratta. Va da sé insomma che il programma del Movimento 5 Stelle per le Europee quel minimo di decoro non ce l’ha. Di numeri, nelle oltre cento pagine del programma, ce ne sono pochi.

Sul piano economico, la ricetta è sempre la stessa: redistribuzione. E cioè sussidi a pioggia, ovviamente accompagnati da una gragnola di nuove tasse. Nel lungo opuscolo propagandistico, tra refusi e strafalcioni veri e propri, non poteva certo mancare il reddito di cittadinanza europeo. Così, con «l’obiettivo di far uscire dalla povertà 15 milioni di cittadini europei entro il 2030», i Cinquestelle propongono una «direttiva sul reddito di cittadinanza che nella nostra visione costituirà il germe (sic!) di quello che sarà il welfare europeo». Il provvedimento dovrà stabilire «i criteri dei redditi minimi che tutti gli Stati membri dovranno adottare». Attenzione però: il sussidio non sarà uguale dappertutto ma parametrato alla soglia di povertà relativa di ciascun Paese. E i soldi? Beh, quelli li metteranno le imprese: la misura, infatti, sarà «finanziata attraverso una tassazione sui capitali delle società (...) minima e uguale per tutti».

 

 

 

Siccome però il M5s non si accontenta di sfasciare i conti italiani, ma vuole sfasciare pure quelli di tutto il Vecchio continente, ecco spuntare il Superbonus, non limitato alle ristrutturazioni edilizie, ma ampliato un po’ a qualunque cosa. «In analogia» a quanto fatto «dal governo Conte con il Superbonus, è necessario un utilizzo esteso di un meccanismo di crediti fiscali europei (collegati a politiche fiscali comuni Ue) al fine di sostenere famiglie, Pmi (piccole e medie imprese, ndr) negli investimenti necessari alla produzione di energia rinnovabile e stoccaggio, elettrificazione dei consumi e della mobilità, stoccaggio energetico, remunerazione dei servizi di flessibilità, efficientamento energetico degli edifici». Costo previsto? Non pervenuto.

C’è poi la richiesta di varare un salario minimo fissato per legge su scala continentale, «calibrato sulle specifiche condizioni economiche e sociali dei singoli Stati membri» e l’introduzione della settimana lavorativa di quattro giorni. Ma non basta perché, oltre all’assistenzialismo, c’è anche la transizione ecologica da finanziare. Per questo si propone di aumentare il bilancio dell’Unione europea, che ammonta ad appena l’1% del Pil. In che modo? Naturalmente con nuove tasse. O, per usare le parole del programma, «individuare ulteriori fonti di entrata». «Chiederemo alla Commissione» si legge «di mappare gli extraprofitti delle grandi multinazionali e di aumentare la tassa sulle transazioni finanziarie, specialmente quelle di evidente natura speculativa, e di chi investe in criptovalute». In questo contesto rientra anche l’idea bislacca secondo cui l’Ue dovrebbe «tenere sotto controllo gli effetti delle modifiche dei tassi» di interesse e la «successiva eventuale generazione di extraprofitti» delle banche. L’obiettivo è ovvio: «Restituire alle comunità una parte consistente» degli utili realizzati dagli istituti.

 

 

 

Ma la fissa per gli extraprofitti colpisce anche le compagnie energetiche a cui, con «un intervento straordinario», verrebbe espropriata una quota (non specificata) di utili. Curiosa poi la proposta di piantare tre miliardi di alberi in più in tutta Europa entro il 2030. A spanne, considerato che servono tra i 10 e i 250 euro ad albero, il costo varierebbe dai 30 ai 750 miliardi di euro. Una cifra sbalorditiva. Notevole, inoltre, la proposta di introdurre un congedo di tre giorni, sulla scorta di quanto fatto in Spagna, per le donne che soffrono di «dismenorrea», e cioè dolori causati dalle mestruazioni. Infine, tra i 17 capitoli che compongono il programma, tocca segnalare, per la sua carica lisergica, il numero 9, dedicato alla mobilità. Oltre alla solita tiritera sull’inevitabile transizione all’elettrico, si sottolinea «l’esigenza di ridurre il numero di auto private circolanti, soprattutto nei centri urbani, dove l’utilizzo del mezzo privato dovrà lasciare necessariamente spazio ad altre forme di mobilità».

Necessariamente, proprio così. Ma il meglio arriva al paragrafo intitolato “Bicicletta, l’alternativa possibile”. «Proponiamo» si legge, «di utilizzare i fondi europei per potenziare le infrastrutture ciclabili». Non solo: le piste andranno integrate a livello comunitario, realizzando così una rete ciclabile unica europea. Poi, dacché la «concorrenza selvaggia cinese» ha «indebolito quella che era un’eccellenza», bisogna «creare le condizioni per favorire una produzione europea di biciclette». 

 

 

 

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