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Il Ponte di Messina serve. E ora ce lo dimostra anche l'Etna

Corrado Ocone
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La sinistra cerca da anni di fermare la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. L’unico motivo di questa opposizione è nel fatto che a promuoverlo sia stato in passato Silvio Berlusconi e oggi, con la ferma volontà di realizzarlo rapidamente, Matteo Salvini, in qualità di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti. La parola d’ordine che la sinistra cerca di far passare è quella dell’inutilità di un’opera che, stando a quanto affermato dalla segretaria del Pd Schlein in uno spot elettorale di due mesi fa, è «dispendiosa, anacronistica e rischiosa».

Si tratta di una palese falsità, ma poco importa: per i compagni ciò che bisogna assolutamente evitare è che sia l’odiata destra a intestarsi un’opera così importante e popolare. Sì, perché la verità è questa: a volere il ponte sono per primi i siciliani, non per vanagloria o superficialità ma perché quello del collegamento con “il continente” è da sempre per loro un problema primario, che vivono sulla propria pelle. Non risolto, esso ha frenato lo sviluppo e la crescita di una regione “magica” ma purtroppo isolata. Oggi la Sicilia è infatti raggiungibile in modo rapido solo con l’aereo, ma può capitare che uno dei due aeroporti civili della regione, quello di Catania, sia inagibile a causa di un evento naturale abbastanza frequente: la fitta nube di cenere che segue ad ogni eruzione dell’Etna. È successo di nuovo martedì scorso, quando le autorità aroportuali di Fontanarossa si sono viste costrette ad annullare i voli o a dirottarli sul più piccolo scalo di Palermo, a più di 200 km dalla città etnea.

 

 

 

Fra i colpiti dal disagio anche i tanti turisti, non solo italiani, che in questa stagione passano le vacanze alle Eolie, a Taormina, nella Val di Noto, o in una qualsiasi delle stupende città di mare della Sicilia orientale. Proprio un bel biglietto da visita! Ovviamente, con il Ponte cambierebbe tutto: auto, bus, treni collegherebbero rapidamente la Sicilia all’Italia; finalmente l’alta velocità arriverebbe nella regione; la concorrenza farebbe diminuire i prezzi degli aerei, che oggi, soprattutto, in questo periodo raggiungono prezzi per molti proibitivi. Senza contare che si potrebbe utilizzare l’aeroporto di Reggio Calabria in maniera più proficua. Il paradosso di questa ottusa contrapposizione al progetto di Salvini è che proviene da forze che hanno fatto dell’ambientalismo la loro ragion d’essere. Quel che è sicuro è che il Ponte, una volta realizzato, farebbe diminuire drasticamente l’inquinamento: sia quello causato dall’esorbitante traffico aereo su Catania, sia quello causato dai puzzolenti bastimenti che traghettano dall’una all’altra sponda del golfo di Messina quei lenti treni a lunga percorrenza che segnano ancora nell’immaginario nazionale la distanza culturale dell’estremo Sud dal resto dell’Italia.

Non c’è dubbio che ad agire, almeno in una certa parte della sinistra, sia anche l’ideologia anti -industrialista o anche della “decrescita felice”. È questa che porta la Schlein a parlare di un’opera “anacronistica”, quasi come se la nostra prospettiva fosse quella di ritornare ad un “piccolo mondo antico” che in verità arcadico non fu mai.
Certo, l’opera è dispendiosa, come lo sono tutte le opere importanti. Ma il ritorno in benefici sarebbe tanto forte da ammortizzare in breve tempo l’investimento. Vi immaginate se negli anni Cinquanta si fosse ragionato così quando, a tambur battente, si costruì quell’Autostrada del Sole che, collegando il Paese, avrebbe non poco contribuito al suo decollo economico? Quello che ci si vuole impedire è di “ragionare in grande”. Ma proprio questa incapacità è la spia più evidente del nostro declino.

 

 

 

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