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Daniela Santanchè: "Il turismo fa boom, per questo la sinistra mi attacca nel privato"

Andrea Muzzolon
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Rialzarsi dagli anni della pandemia, con tutte le restrizioni del periodo, è stata la sfida più dura che il comparto turistico abbia mai dovuto affrontare. Una sfida che però, dati alla mano, può dirsi vinta: nel 2023 ci sono stati oltre 134 milioni di arrivi e 451 milioni di persone nelle strutture ricettive, la metà delle quali provenienti dall’estero. Un trend che si sta confermando anche nel ’24, con un +3,6% delle presenze turistiche e il Pil derivante dalla filiera che ha toccato i 104,5 miliardi di euro, il 4,6% in più del valore del 2019. «Sono cifre importanti per cui il governo sta cercando di fare la sua parte, ma il merito va dato ai nostri imprenditori e lavoratori del settore: hanno stretto i denti e hanno continuato a investire, dando il meglio di sé», dice con orgoglio e riconoscenza il ministro Daniela Santanchè. Un risultato che però dev’essere un punto di partenza, non di arrivo.

Ministro, com’è cambiata la situazione da quando si è insediato?
«Prima di tutto, penso serva fare un passo indietro. Nonostante si dica da sempre che il turismo è il fiore all’occhiello dell’Italia, fino allo scorso governo il nostro Paese non ha mai avuto un Ministero dedicato. Era un dipartimento della presidenza o era accorpato alla cultura. Ho trovato una situazione in cui i precedenti ministri avevano già iniziato un giusto lavoro ma certamente c’è ancora molto da lavorare, specie perché dopo il Covid richieste e necessità sono cambiate. Oggi si parla di “turismi” al plurale, dove alcune tipologie sono cresciute in modo esponenziale: penso al turismo all’aria aperta o il turismo nautico. C’è molto da fare, ma i dati sono incoraggianti».

 

 

 

Qual è la priorità?
«Serve un cambio di paradigma, trasmettendo il messaggio che siamo una nazione di qualità e non di quantità. Non è importante quanti sono i turisti, ma quanto spendono nei nostri territori».

Lei è appena tornata dal G20 Turismo in Brasile: che lavoro di promozione del territorio sta facendo il governo all’estero?
«Noi dobbiamo imparare a comunicare l’Italia, frammentando di meno lo storytelling e puntando sul nostro marchio – che è il terzo al mondo – ovvero il “Made in Italy”. Questo lo sto facendo insieme alle regioni, consapevoli che le singole declinazioni territoriali devono arrivare in un secondo momento. A livello internazionale ci sono Paesi che, nonostante abbiano un prodotto meno bello, sono riusciti a venderlo meglio del nostro. Dobbiamo lavorare per tornare ad essere primi nel mondo».

L’Italia sarà protagonista a livello internazionale con il G7 Turismo. Ci racconta questa iniziativa?
«È la prima volta che viene organizzato un G7 del turismo, quindi si tratta di un grande orgoglio perla nostra nazione. Oltre ai Paesi del G7, abbiamo invitato anche le nazioni che per noi sono più interessanti dal punto di vista degli arrivi. Si terrà a Firenze, dal 13 al 15 novembre, ospitando i nostri interlocutori in alcuni dei luoghi più simbolici e affascinanti d’Italia, come gli Uffizi. Metteremo al centro il tema dell’intelligenza artificiale con la presenza di esperti di altissimo livello che ci aiuteranno a comprendere meglio le opportunità che può offrire, evitando contestualmente le minacce».

Non tutti lo sanno, ma oggi è la Giornata mondiale del Turismo: cosa rappresenta per lei?
«Penso sia importante celebrare il diritto al turismo, anche in virtù della sua funzione sociale come promotore di pace e amicizia fra i popoli. Oltre a essere un’industria e un’attività economica, il turismo è un fattore sociale che unisce culture e crea legami. Il Codice mondiale dell’etica del turismo, adottato nel 1999 dall’Organizzazione mondiale del turismo, ci ricorda che esso funge da strumento di valorizzazione territoriale nonché da vettore di dialogo e comunicazione».

Qual è la strada verso cui muoversi per rafforzare il binomio fra industria e fattore sociale?
«Serve lavorare su tutto il territorio nazionale, non solo le mete più importanti. Noi dobbiamo lavorare perché ci siano intere comunità che vivano di turismo. Abbiamo 5600 borghi unici al mondo in cui si produce il 90% delle nostre eccellenze gastronomiche. Ciò ci consente di poter puntare su un turismo “esperienziale” che è tra quelli più richiesti al momento. Serve poi destagionalizzare perché non possiamo pensare che l’Italia viva di turismo solo nelle stagioni canoniche».

Come si può fare?
«Serve differenziare l’offerta incentivando, per esempio, gli eventi sportivi come la Ryder Cup, le Atp Finals, il Giro d’Italia, le Olimpiadi Milano cortina 2026. Dobbiamo essere bravi a valorizzare le nostre fiere, le sagre e i mercati. E non dobbiamo dimenticare il turismo religioso dato che nel 2025 ci sarà il Giubileo. Sono previsti 30 milioni di pellegrini e dovremo essere bravi a incentivarli a visitare tutta la nostra nazione, senza fermarsi a Roma».

Il suo Ministero si è trovato a dover gestire il fenomeno degli affitti brevi. Perché avete deciso di rendere obbligatorio da parte delle strutture richiedere il Codice Identificativo Nazionale (CIN)?
«Quello di una miglior regolamentazione degli affitti brevi è un problema che ci portiamo dietro da anni. Noi abbiamo deciso di intervenire con due pilastri: difendere la proprietà privata, che per noi è sacra, e combattere la concorrenza sleale, facendo emergere il sommerso. Tramite un accordo con le piattaforme di prenotazione, abbiamo reso indispensabile il Codice. Ciò fa sì che chi non segue le regole vedrà ridotto del 90% la sua possibilità di business».

Qualcuno, viste le normative regionali, contesta un aumento della burocrazia...
«Noi non abbiamo aumentato la burocrazia perché prima c’era il CIR, il Codice Regionale. Questo però non aveva uniformità, causando disservizi ai nostri turisti che devono avere il diritto di andare in ogni regione sapendo che le regole e gli standard sono gli stessi. Noi abbiamo uniformato, aggiungendo alcune cose come l’antincendio e il limite degli appartamenti che un singolo può affittare. Non per limitare gli imprenditori, sia chiaro, ma perché chi fa affitto breve in modo strutturato è giusto passi a un regime fiscale diverso. In appena 20 giorni siamo arrivati a oltre 170 mila CIN rilasciati, più del 34% del totale. Segno che le persone hanno capito».

 

 

 

State lavorando anche sulla tassa di soggiorno: perché estenderla a tutti i comuni?
«Stiamo lavorando insieme alle regioni, alle associazioni di categoria e all’Anci: non sarà più una tassa di soggiorno, ma di scopo; è una differenza importante. Certo, ci dev’essere una proporzionalità a seconda di quanto si spende. Sicuramente non ci penalizzerà vista la voglia di Italia che c’è nel mondo. Chi lo pensa, ha poca considerazione del nostro territorio. Poi si sa, alla sinistra non va mai bene nulla. Ma noi stiamo facendo un sacco di cose che le vorrei raccontare».

Prego.
«Abbiamo detassato le mance portando l’aliquota al 5%. Abbiamo abbassato la Tax Free che era la più alta d’Europa: equiparandola a quella di altri Paesi europei, abbiamo avuto un importante aumento degli acquisti. Abbiamo installato il wi-fi nei porti turistici. Stiamo rivedendo i codici ATECO con Istat perché in Italia non si sa bene qual è la filiera del turismo. Abbiamo sostenuto la riqualificazione delle strutture ricettive attraverso 1 miliardi e 380 milioni. Abbiamo sostenuto gli Appennini e il sistema montagna con oltre 300 milioni di euro. Potrei andare avanti ancora molto».

Allargando lo sguardo al governo, come giudica questa prima metà di legislatura?
«È un bilancio positivo perché Giorgia Meloni ha fatto acquisire all’Italia un posto di primo piano nella politica internazionale, dove siamo visti come un governo assolutamente affidabile. Basti vedere i risultati ottenuti sulle rate del Pnrr, la nomi di Raffaele Fitto nella Commissione Ue e la consegna del Global Citizen Award al premier. Grandi riconoscimenti. Stiamo facendo quello che abbiamo promesso agli italiani».

Dopo le dimissioni del ministro Sangiuliano, da sinistra sono tornati a chiedere un suo passo indietro. A inizio ottobre ci saranno le due udienze preliminari che la vedono fra gli imputati. È tranquilla?
«Hanno iniziato ad attaccarmi dal primo giorno che sono ministro, ma credo non ci sia mai stato un attacco sulla mia azione al Ministero. Non ho nessun procedimento che riguarda la mia attività politica e ministeriale, per cui sono assolutamente tranquilla. Non ho mai partecipato al processo mediatico, vado avanti sulla mia strada e ho piena fiducia nei giudici. Poi potremmo anche discutere sul fatto che un’udienza preliminare sia una condanna... O che un rinvio a giudizio sia una condanna...».

 

 

 

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