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Per i compagni l'Università è cosa loro: il ministro Giuli deve chiedere il pass per laurearsi

Pietro De Leo
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L’Università? È cosa loro, credono. La libertà? Neanche a parlarne, non sanno nemmeno dove sia di casa. Quella che segue è l’ennesima tessera del puzzle che mostra la concezione che i collettivi di sinistra hanno nella vita in ateneo, ovvero una strettoia dove lorsignori devono decidere chi passa e chi no. Accade che domani il collettivo studentesco Cambiare Rotta si sia dato appuntamento alla Sapienza di Roma per “accogliere” il neoministro della cultura Alessandro Giuli, che sarà lì per una questione del tutto privata, ovvero sostenere l’ultimo esame in filosofia. Quelli di Cambiare Rotta, in un post social, annunciano la mobilitazione: «Salutiamo il nuovo ministro con i peggiori auguri per il suo ultimo esame: “Bocciamo Giuli”».

E spiegano, in una prosa piuttosto stentata: «Appena nominato ministro della Cultura, Giuli torna in Sapienza per laurearsi in filosofia, nella stessa Facoltà di Lettere dove il gruppo nazi fascista in cui militava da giovane - Meridiano Zero- fare (sic!) agguati ai collettivi studenteschi colpevoli di non rimpiangere il regime fascista. Torna dopo una carriera di “giornalista”, “opinionista” e perfino Direttore della Fondazione Maxxi, a cui ha garantito un maxi flop sugli ingressi dei visitatori». E proseguono nella filippica che termina con una grafica: «Bocciamo il fascismo e la cultura del precariato». Insomma, lo scadimento della politica universitaria, che in sé sarebbe un impegno anche nobile, a mera macchietta di contrappunti ideologici.

 

I PRECEDENTI

E ci auguriamo che domani finisca a qualche strillo, striscione e niente più, perché se andiamo a vedere i precedenti delle esibizioni dei collettivi nel principale Ateneo della Capitale si delinea un percorso di soprusi, sopraffazioni, calpestio delle libertà. Dando luogo a un paradosso vero e proprio: quel luogo, un’università, che dovrebbe essere la culla di conoscenza maturata anche dal confronto di idee diverse, si ritrova in realtà a essere terreno di coltura della violenza ideologica. Basta fare un balzo indietro di qualche mese, ad aprile, per arrivare al quasi stato d’assedio cui fu sottoposto il rettorato, facendo pressione, nella maniera più ignobile, affinché l’ateneo mandasse all’aria la collaborazione scientifica con le università israeliane. Ci furono scontri con le Forze dell’Ordine. Si era alla cuspide di una mobilitazione iniziata mesi prima, quando Tel Aviv decise di reagire all’orribile atto di guerra di Hamas dello scorso 7 ottobre.

Una mobilitazione che ha coinvolto la Sapienza così come altri Atenei a suon di occupazioni di aule e presìdi con le tende. Solo che, sottolineiamo di nuovo, l’università non è “cosa loro”, ma cosa di tutti. E la collettività (non i collettivi) si trovano a pagare. Nello scorso giugno, la rettrice Antonella Polimeni ha inviato agli studenti una lettera in cui metteva nero su bianco il conto dei danni, tra atti vandalici e danneggiamenti, commessi durante le iniziative Pro-Palestina, 330mila euro di danni circa.

Andando indietro nel tempo, eccoci all’autunno 2022. Qui, la furia illiberale dei collettivi si abbatté sul direttore editoriale di questo quotidiano, Daniele Capezzone, invitato per una conferenza alla facoltà di Scienze Politiche, dai giovani di Azione Universitaria. Non avendo il lasciapassare ideologico di lorsignori, la conferenza (regolarmente autorizzata dagli organismi preposti dell’Università) fu tampinata dalla protesta “antifa”. E non sono mancati scontri con le Forze dell’Ordine. Gli studenti del “collettivo auto organizzato” dipinsero un copione da repressione cilena. La Questura invece chiarì che costoro avevano provato a irrompere nella sala dove si teneva l’evento per interromperlo, e ai ripetuti inviti della polizia a desistere puntualmente ignorati, si era resa necessaria una carica di alleggerimento.

 

BAVAGLIO AL PAPA

Finito? No. Perché dal calendario passiamo al diario dei (brutti) ricordi. 2007. Il fatto più lampante avviene tra novembre e dicembre, quando un milieu molto amalgamato formato da una stretta minoranza di docenti siglò un appello contro la presenza di Papa Benedetto XVI all’inaugurazione dell’anno accademico dove avrebbe dovuto svolgere una lectio. Alla presa di posizione dei prof si aggiunsero poi alcune manifestazioni di studenti. Alla fine, il Papa declinò l’invito a partecipare. Passa un anno, e la cerimonia dell’Avvio dell’Anno Accademico successivo vide l’irruzione degli attivisti del movimento dell’Onda, che protestavano contro la riforma del governo Berlusconi.
Nota a margine (ma neanche tanto) le sigle che ne facevano parte, pochi giorni prima avevano perso clamorosamente le elezioni per i ruoli di rappresentanza. Perché oltre alla libertà, lorsignori masticano male anche la democrazia.

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