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Magistratura militante, la sfida delle toghe non deve fermare il governo

Gianluigi Paragone
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Difficile non pensare a un teorema. Non c’è un complotto, ma un disegno sì. Un disegno politico. Che provo a metter giù, anticipando già che il governo non può a questo punto retrocedere. Partiamo da un fatto. L’immigrazione rappresenta la questione politica più delicata, più articolata ma anche quella che si aggancia più facilmente alle reazioni popolari. Questo per il semplice motivo che l’immigrato non integrato genera intolleranza diffusa. A dirla tutta, ci sono elettori di sinistra che si sono spostati a destra proprio perché esasperati dall’assenza di risposte da parte del fronte progressista. Questo spostamento si è registrato soprattutto nelle aree periferiche e nei luoghi dove negli anni è cresciuta la presenza di stranieri non regolari. Perché? Perché costoro diventano una minaccia occupazionale (chi non ha i documenti in regola accetta qualsiasi compromesso sul lavoro alterando un mercato già povero) e soprattutto sono protagonisti di violenze, molestie, disordini.

Ho conosciuto ex operai di roccaforti un tempo della sinistra (Sesto San Giovanni per esempio) che mi hanno spiegato: «Mi sono comprato questo appartamento con la fatica, ingoiando rospi, facendo ore e ore di straordinari per pagare il mutuo. Da quando un gruppo di balordi ha occupato un appartamento qui sotto facendolo diventare un bordello in ogni senso, anche il mio immobile ha perso valore. L’avrei voluto vendere per spostarmi: impossibile. A medi questa gente non frega più nulla. Un tempo la sinistra mi avrebbe protetto, perché ero la sua priorità. Ora...». Non c’è pregiudizio in questi racconti, non c’è intolleranza legata a un odio razziale, ma la scelta di difendere uno spazio da chi, quello spazio (la casa, il lavoro, la sicurezza propria o dei cari), non lo rispetta. «A costo di essere egoista, dico che di questa gente non mi interessa nulla: a me nessuno ha regalato niente nella vita. Se ti comporti bene, ti aiuto e ti accompagno nella lotta. Altrimenti te ne devi andare».

 


Arrivo dunque al disegno di cui sopra. Se la destra protegge politicamente più della sinistra - prima con Salvini adesso con la Meloni -, la sinistra non riconquisterà un voto dicendo che «in Albania ci sono i lager» o che «in Albania ci mandano i disperati». Invece la destra consoliderà il proprio consenso se «non li fa arrivare». La foto della nave che porta via i migranti parla da sé, non ha bisogno di didascalie. Così come accadde per Salvini quando fermò la nave. Se la destra decide e fa, vince. Come smontare allora questa forza? Svuotando il decisionismo. A Palermo Salvini è impegnato in un processo. Sull’Albania il governo viene sfidato da alcuni magistrati. I quali, giocando in appoggio con l’Europa (che a questo punto dimostra non solo di non saper gestire la questione dei migranti ma anche di non volerla risolvere), usano il grimaldello individuato dalla Corte di giustizia europea per rompere il modello Albania. Con il risultato di tenere i centri vuoti di immigrati e quindi far dire alla sinistra: «Hanno speso tanti soldi e il centro è vuoto». Ecco perché a qualsiasi costo il governo deve andare avanti e riempire quel centro.

 

 

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