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Sinistra, se non governano loro i compagni scordano di essere italiani

di Pietro Senaldi martedì 18 marzo 2025

3' di lettura

Non sono servite neppure le parole del presidente della Repubblica. Accolto da Giorgia Meloni, dai presidenti di Senato, Camera e Corte Costituzionale e dal ministro della Difesa, Sergio Mattarella ieri ha deposto all’Altare della Patria una corona di alloro per la Giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera. Era il 164esimo anniversario dalla nascita dell’Italia e il capo dello Stato ha sottolineato che «la ricorrenza sollecita l’impegno di ogni cittadino a rendere sempre più effettiva la realizzazione degli ideali di libertà e di giustizia della Repubblica, affrontando le sfide per rendere concreta la pace in un contesto internazionale dove prevalgono spinte aggressive, dal Medio Oriente all’Ucraina». È seguito un minuto di silenzio, che la sinistra ha prolungato per tutta la giornata, attendendo che facesse sera in fretta, all’insegna del motto “passata la festa, gabbato lo santo”. Neppure un timido rilancio delle parole presidenziali, solitamente sempre riprese.

Il giorno dell’Unità nazionale è servito quindi a dimostrare che per le opposizioni l’Italia e i suoi valori sono una e condivisi solo quando governa la sinistra. Altrimenti, l’ordine di scuderia è fare finta di nulla. È un concetto pret a porter delle istituzioni, delle quali ammantarsi solo quando e come torna utile. Basta un piccolo paragone a dimostrarlo. Sabato scorso in piazza i progressisti c’erano tutti ed erano tutti per l’Europa, benché ciascuno con la propria opinione su cosa essa sia. Una manifestazione che, citando il suo organizzatore, Michele Serra, ha aperto tanti interrogativi e nessuna risposta. Ieri, nel compleanno dell’Italia, quel popolo così ansioso di farsi sentire ha marcato visita. Nessun interrogativo ma un’unica risposta dal fronte sinistro: anche se è il giorno dell’Unità, niente illusioni, conservate le parole per migliori occasioni, perché per noi ci sono due Italie, quella del centrodestra, che va nascosta sotto il tappeto, e la nostra, l’unica che merita di essere celebrata. Siccome quindi all’Altare della Patria a fianco di Mattarella c’è anche Meloni, stavolta meglio sorvolare sulla ricorrenza nazionale, per non correre il rischio di dare soddisfazione a un presidente del Consiglio che si definisce “patriota”.

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E così si conferma che per le sinistre l’Europa è tre cose: un cassetto dei sogni che consente loro di fuggire da una realtà nazionale frustrante, un’entità nella quale sciogliere l’Italia e qualsiasi idea di sovranità e orgoglio patrio, un superiore al quale delegare le proprie responsabilità, scaricandosi dall’obbligo di arrivare a una sintesi. Dall’altra parte, l’Italia non è il bene supremo ma il mezzo per esercitare un piccolo potere locale anziché un fine da difendere e onorare, a prescindere dalle circostanze e da chi la rappresenti congiunturalmente. Come si possa essere europeisti senza essere nazionalisti non è solo una contraddizione politica di Elly Schlein e compagni, ma è una fonte di preoccupazione per chi ha a cuore il bene del Paese, nonché la spiegazione delle tante posizioni dannose per l’Italia che i progressissti hanno negli anni sempre preso a Bruxelles, spinti dalla necessità di belare nel gregge anziché dal dovere di difendere l’interesse nazionale. Ieri era il giorno del Tricolore, e chi sabato sventolava in piazza le bandiere europea e della pace, l’ha lasciato nel cassetto. Da oggi, lorsignori in Parlamento torneranno a tenere lezioni sul bene comune e sulla Costituzione, che nel giorno più importante hanno dimenticato.

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