La cronaca politica a volte è semplice, squarcia il velo di Palazzo, si condensa in un’immagine. Qui l’immagine è: Elly sconfigge Elon. L’uomo più ricco del mondo si è inventato tutto un apparato tecno-scientifico-industriale che dovrebbe garantirgli lo sbarco su Marte nei prossimi anni. La donna più immaginifica del mondo invece ha scelto un altro formidabile mezzo di trasporto: la reotorica. Ha scelto di credere alla propria propaganda, e su Marte ci è già arrivata. Da lì, da un altro pianeta, parla ormai Elena Ethel Schlein, segreteria del Pd, Partito Dadaista, avanguardia purissima.
«Elly si sente in partita», aveva assicurato pochi giorni fa uno dei massimi divulgatori di quel fenomeno fantapolitico che è lo schleinismo, Fabrizio Roncone del Corriere della Sera. Tanto che nel Pd, ci informava il collega, ci si sta già dedicando a sistemare le caselle del totoministri, essendo il governo del fronte progressista (già campo largo, per i nostalgici centrosinistra, ultimo erede delle accozzaglie ulivesche) chiaramente imminente.
Sicuramente non difetta l’autostima, ai compagni arcobaleno (il rosso è ormai un colore reazionario, puzza troppo di fabbrica e proletariato), del resto da Marte la Terra deve apparire piccina, un’appendice dei propri desiderata. Ma è ancora niente, rispetto all’eccesso di ottimismo della volontà (non mitigato dal pessimismo della ragione, come pure consigliava il compagno Gramsci) mostrato ieri da Elly al Festival dell’Economia di Trento. «Elezioni anticipate? Spero di sì!». La stessa speranza la coltivano molti capicorrente dem, perché come da tradizione ci scorgono la possibilità di liberarsi della segretaria attraverso la sconfitta, ma non diteglielo, non interrompete il monologo marziano.
«Siamo preparati, assolutamente competitivi, la partita è già aperta». Aperta, apertissima, praticamente spalancata, come certifica l’ultima Supermedia dei Sondaggi Agi/YouTrend. Fratelli d’Italia è dato stabile al 30%, otto punti sopra il Pd, un’incollatura. Lega e Forza Italia stazionano entrambe attorno al 9%, il che prendendo il centrosinistra canonico (rossoverdi e cespugli vari) produrrebbe il seguente risultato al cardiopalma tra coalizioni: vittoria 48% a 30% per il centrodestra. Se vogliamo indulgere in ottimismo schleiniano, e considerare il Movimento Cinque Stelle parte integrante dell’alleanza, rimane comunque un vantaggio di sei punti del centrodestra, oggettivamente un’anomalia dopo metà legislatura. In ogni caso, su Marte Elly dà il matrimonio con Giuseppi per cosa fatta.
Del resto, poggia su una salda visione del mondo comune: «Siamo testardamente unitari, perché il nostro avversario è la destra». Non fare vincere gli altri, un’agenda nitidamente propositiva costruita sui bisogni diffusi nel Paese, che ha sempre garantito le fortune elettorali della sinistra. Anche perché «tutte le forze alternative alle destre», scandisce Elly, sono «unite attorno a un programma concreto». Questa volta non c’è n’è per nessuno, il primo punto del programma è l’assodi briscola, un capolavoro di concretezza, qualcosa per cui sarà necessario transennare i seggi elettorali per contenere l’assalto del popolo della sinistra posseduto da un rinnovato entusiasmo. Sarà infatti, e quasi ci spiace scriverlo (per i liberali e i conservatori non c’è nessuna possibilità di recupero, la partita da aperta diventa chiusa, chiusissima, praticamente serrata), un programma «che parla di prossimità». Aveva proprio ragione Roncone sul Corrierone: Elly ha rinunciato alle «supercazzole imparate a mememoria». È passata direttamente ai nonsense intergalattici. Da Marte è tutto, bacioni a Elon.