Se è vero che solo i cretini non cambiano mai idea Giuseppe Conte è l’uomo più intelligente del mondo: era per il vincolo del doppio mandato e infatti l’ha tolto (ricordate la campagna elettorale 2022? «Da noi vige una regola, il servizio a favore dei cittadini si può fare ovunque, ci siamo dati la regola del secondo mandato e l’abbiamo fatto per tutelare voi, cittadini, per evitare che la politica diventi un affare privato); nel 2018 l’allora premier Conte esultava per i “decreti sicurezza” di Salvini e quando l’indomani è passato a governare col Pd – oplà – ha abolito i “decreti sicurezza” e mandato Salvini a processo. La sesta “stella polare” del programma elettorale dei 5Stelle era l’autonomia differenziata che però poi Giuseppi, per racimolare voti al Sud, ha bollato come la «secessione dei ricchi».
E ancora: l’ex avvocato del popolo diventato pure legislatore, giudice e pubblico ministero (sempre per tutelare i cittadini, si capisce) era per il new green deal e dopo ha iniziato a corteggiare – politicamente, s’intende – la tedesca di estrema sinistra Sahra Wagenknecht che aveva due capisaldi (come si dice “stella polare” in tedesco?): stop al green deal e all’immigrazione clandestina. L’ultima (per ora) dell’uomo per tutte le stagioni tranne quella della coerenza è che lui, lo statista del «gra-tu-i-ta-men-te» costato 150 miliardi, sostiene di non aver mai aumentato le spese militari e figuriamoci se ha avvallato l’impegno a innalzarle al 2% del Pil. Bene, cioè male, cioè Giuseppe Conte: in due vertici Nato, Bruxelles 2018 e Londra 2019, il nostro ha firmato per accrescere l’esborso in armi.
Conte – uno, nessuno, centomila – è un camaleonte talvolta in pochette altre solo in camicia che però indossa pure nelle assolate piazze per elevarsi dallo status di Bonelli e Fratoianni, invero più eleganti che credibili. Conte è la prima, seconda, terza e pure quarta Repubblica, maestro d’opportunismo che a confronto il padre del trasformismo teatrale Leopoldo Fregoli era un attorucolo. Conte può battere Arturo Brachetti, il quale è nel Guinnes dei primati come trasformista più veloce al mondo, 81 personaggi in due ore.
Il capo M5S, ambizioso come Georges Duroy in Bel Ami, s’è arrampicato dallo studio legale di Guido Alpa fino a Palazzo Chigi, premier due volte perché la storia prima si presenta come tragedia e poi come farsa. Sul Covid eravamo «prontissimi, preparati, abbiamo predisposto un piano», rassicurava, e come ministro della Salute aveva scelto uno, Roberto Speranza – storico pallidino di Liberi e Uguali – che in piena pandemia ha scritto un libro per dire che lui e Conte avevano sconfitto la pandemia. Devoto di Padre Pio ed eterodiretto da Rocco Casalino dettava i palinsesti tivù dove irrompeva piacendosi come Ridge di Beautiful per annunciare che erano «vietati i party in casa»: «Non li consentiremo!». Speranza invitava i vicini alla delazione. Conte ha rilanciato con i banchi a rotelle.
Sennonché Giuseppi è anche uno storico di vaglia: «Nel 2026», ha ricordato, «a Bologna c’è stato l’attentato a Matteotti», al quale comunque non andrà così male morendo a 141 anni, peraltro lontano dal caos di Roma. Nel 2023, al Senato, aveva già confuso Matteotti con Andreotti. Da premier, non Andreotti ma sempre Conte, inaugurando la Fiera del Levante ha confuso l’8 settembre’43 con la Liberazione del 25 aprile. Conte urla «basta con la retorica del 7 ottobre» - centinaia di morti, poi stupri e rapimenti a opera dei macellai di Hamas – ed esorta gli ebrei italiani, pena la «complicità», a dissociarsi da Netanyahu: i capi delle comunità ebraiche italiane s’incazzano e lo accusano di discriminazione.
Conte in versione Guido Nicheli, il cumenda, a Natale invoca il reddito di cittadinanza mentre s’abbronza con la compagna al Grand Hotel Savoia di Cortina, 2.500 euro a notte: nel frattempo, per attaccare «le destre», pubblica sui social un video di «migliaia di persone in coda» davanti all’associazione caritatevole “Pane Quotidiano”. Ma la libidine è qui, amore: sole, whisky e sei in pole position.