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Pd e inchieste, la sinistra è divorata dalla (sua) morale

La "questione morale" e una nemesi storica che sta prendendo corpo in questi giorni: è il caso del 2025
di Daniele Capezzone domenica 27 luglio 2025

3' di lettura

Da anni si rincorrono le citazioni – a scadenze regolari – della celeberrima intervista centrata sulla cosiddetta “questione morale” concessa nell’estate del 1981 da Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari. A volte la nemesi storica prende corpo e poi si compie con perfezione spettacolare: è il caso di questo 2025, in cui l’argomento etico così a lungo scagliato contro gli altri si è ritorto come un boomerang contro il Pd.

E allora eccoli i compagni, tra smarrimento e autoconsolazione, dediti a deplorare il non essere stati collettivamente all’altezza di quel monito berlingueriano, e di non averlo saputo utilizzare né (ex ante) per evitare la deriva degli scandali né (ex post) per reagire con la schiena dritta, senza farsi umiliare dai grillini. La scena di questi giorni è effettivamente surreale: Giuseppe Conte che “chiede le carte” e si riserva di dire sovranamente il suo sì o il suo no alla candidatura di Matteo Ricci. Parliamoci chiaro: per chiunque disponga di un minimo di realismo politico, l’argomento etico sarà solo un grande paravento (per non dire: una grande illusione ottica), visto che alla fine il semaforo verde grillino nelle Marche dipenderà dal simmetrico semaforo verde piddino in Campania sulla candidatura di Roberto Fico. Le due candidature staranno o cadranno insieme: simul stabunt aut simul cadent.

Ma il solo fatto che, agli occhi del pubblico progressista, il Pd sia sotto esame da parte dei grillini è una meravigliosa vendetta del destino, che sa essere un regista perfido. Possibile che a sinistra non si trovi nessuno disposto a dire una cosa coraggiosa (da quelle parti, me ne rendo conto, sarebbe “sacrilega”), e cioè che il Pci e Enrico Berlinguer avevano torto? Anzi: due volte torto. Una prima volta, perché il legame anche finanziario di quel partito con Mosca non lo metteva assolutamente in condizione di impartire lezioni etiche a chicchessia. E una seconda volta, perché il ricorso alla carta morale (in realtà: moralistica) era l’estremo rimedio escogitato da chi era già stato, era e sarebbe stato battuto e spiazzato politicamente dal dinamismo di Bettino Craxi.

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Con l’andare dei lustri, le cose non sono affatto migliorate, perché l’arma “etica” è stata brandita a sinistra con due obiettivi l’uno peggiore dell’altro. O per tentare di conquistare il potere attraverso l’eliminazione dell’avversario per via giudiziaria: da Tangentopoli, con le inchieste che “miracolosamente” si limitarono a sfiorare il Pci-Pds-Ds, fino – più avanti – al “metodo” usato contro Silvio Berlusconi. Oppure - alternativa solo apparentemente meno feroce - per delegittimare l’avversario nel caso in cui non si fosse riusciti a sconfiggerlo in campo aperto: è ancora accaduto con Berlusconi, e succede adesso con le “destre”, come si usa dire oggi.

Sta di fatto che in questo modo e con questo “format” è trascorso un quarantennio abbondante di vita politica italiana, di giornali (Repubblica in testa) che si sono immaginati come cattedre etiche da cui giudicare gli altri, di tribune e tribunali televisivi, perfino di fiction e serie tv costruite- neanche troppo subliminalmente - sull’attribuzione agli avversari politici di connotati umanamente deplorevoli, moralmente squalificanti, complessivamente disumanizzanti. Intere generazioni sono state allevate succhiando questo latte dalle grandi mammelle della sinistra culturale e politica, e gli stessi grillini sono stati generati da questo tipo di dna politico e mediatico.

Cos’erano gli show televisivi di Michele Santoro se non un grande teatro, un’immensa arena, un catino da stadio in cui si confrontavano il Bene (di volta in volta, un magistrato, un pentito, un esponente di sinistra) e il Male (l’immancabile agnello sacrificale di destra)? Ecco, se da sinistra si è costruito da un lato un immaginario culturale e psicologico di questo tipo e dall’altro si è concepito il proprio partito quasi solo in funzione governista, di pura gestione del potere (locale ma pure nazionale, essendo stati al governo per un decennio senza aver vinto un’elezione politica dal 2006), era fatale che a un certo punto un cortocircuito facesse esplodere la contraddizione, scaricando proprio sul Pd una deflagrazione “etica”.

Per questo, è stato ingenuo - per non dire altro - cercare l’alleanza con i Cinquestelle e pensare che il loro dna politico potesse mutare. Perché i grillini nascono con il vaffa, le manette, il giustizialismo, e a loro volta quei connotati sono una evoluzione - più plebea, più qualunquista- esattamente degli ingredienti di sinistra che siamo venuti descrivendo dal 1981 in poi. L’importante - quando queste cose producono frutti inevitabili, perfino ovvi - è non far finta di cascare dal pero.

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