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Dazi, Tommaso Foti: "L'accordo? Chi ha votato Ursula von der Leyen ora si lamenta"

di Antonio Castro lunedì 4 agosto 2025

4' di lettura

«La trattativa europea sui dazi imposti dagli Stati Uniti? Premesso che la guerra commerciale sarebbe stata una sciagura, adesso vedremo come gestirne l’effetto. È presto per fare un bilancio: bisogna vedere come saranno le nuove tariffe dopo le esenzioni e come si rifletteranno sulla nostra economia. Bisognerà accertare come sostenere il nostro sistema Paese. Ma è inutile fare il doppio gioco come fa la sinistra: l’Europa non poteva certo rifiutarsi di sedersi al tavolo delle trattative. Anzi sarebbe il caso, una volta tanto, di riconoscere la lealtà del governo Meloni. Soprattutto da parte del Partito democratico di Elly Schlein che ha votato per ben quattro volte la fiducia all’esecutivo europeo di Ursula Von der Leyen e adesso si scaglia incomprensibilmente contro Giorgia Meloni. La sinistra proprio non riesce a non essere faziosa. Potrebbe una buona volta mettere l’interesse nazionale in primo piano rispetto alle “piccole cose” di partito...».

Parte proprio dagli eventi internazionali degli ultimi giorni, come la faticosa trattativa tra Usa e Ue sulle nuove tariffe commerciali, l’analisi politica italiana di Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr. In questa veste l’esponente di primo piano di Fratelli d’Italia gode di una visione d’insieme privilegiata. Dovendo sovraintendere alla “messa a terra” dei progetti miliardari compresi nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. «La sinistra italiana non riesce a pensare ad un obiettivo superiore come l’interesse nazionale. Si limita a crearsi un nemico ogni giorno per poter fare polemica politica. E da oltre mille giorni il suo nemico ha un nome e un cognome: Giorgia Meloni».

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La partita dei dazi commerciali ha investito come un ciclone tutto il mondo. La sinistra italiana parla di «resa vergognosa». Si poteva fare diversamente?
«La sinistra continuava a dire che a trattare doveva essere l’Europa, ebbene l’Europa, Von der Leyen in testa, ha trattato: male o meno il risultato è questo. L’alternativa oggi sarebbe una guerra commerciale che tutti vogliono scongiurare. È fuori di dubbio che ci troviamo in un momento di confronto globale, però è anche vero che vi sono Paesi che avranno dazi più onerosi dei nostri... Bisognerà sapere anche sfruttare questo fatto. L’Europa deve darsi oggi una mossa sia per contrastare la quotazione bassa del dollaro rispetto all’euro, sia per cancellare le norme inutili e l’ideologia del Green deal che rischiano di fare chiudere le imprese. Ma sulla politica anti industriale la sinistra ha gravissime responsabilità. Noi siamo sempre stati coerenti».

E la coerenza cosa comporta?
«Prima di tutto privilegiare e mettere avanti a tutto l’interesse nazionale superando pure gli interessi di parte. La faziosità non ci appartiene. Sarebbe bene che Pd, M5S, Avs e compagni urlanti si rinfrescassero la memoria...».

Vuole pensarci lei?
«Per esempio quando stavamo all’opposizione, e la Russia scatenò l’attacco contro l’Ucraina, non ci pensammo un attimo a convergere per sostenere la libertà del Paese aggredito, del suo popolo».

Era un caso eccezionale...
«E quando finimmo nell’emergenza Covid?».

Diciamo che di casi eccezionali negli ultimi anni ne abbiamo inanellati parecchi.
«Sarebbe bene ricordare che Fdi votò senza indugio ben due scostamenti di bilancio per sostenere l’economia nazionale per far fronte all’emergenza, senza distinguo politici. Senza alzare un “can can” di inutili polemiche che lasciano il tempo che trovano e certo non aiutano il Paese in caso di emergenze planetarie, che non hanno colore politico».

Altra partita delicata da gestire la pioggia di quattrini e progetti del Pnrr. Il 2026 si avvicina non ci saranno proroghe. Possiamo azzardare un bilancio?
«Non si fanno bilanci preventivi in certi casi. Si potrà tracciare, a consuntivo, una sintesi questo sì. Però...».

Però?
«Beh i delegati della sinistra europea, nei giorni scorsi, hanno ammesso che l’Italia è tra i Paesi ad aver fatto meglio. E non si tratta di un risultato scontato. Abbiamo ereditato un piano da 194 miliardi, centinaia di progetti e altrettante riforme da attuare. Il programma e le scadenze europee sono talmente didascaliche da non prevedere tentennamenti».

E come siamo messi?
«Non faccio graduatorie né previsioni. Però tirando le somme siamo già riusciti a spendere 80 miliardi del Pnrr. Abbiamo inanellato 334 obiettivi e target».

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Però la sinistra sostiene che stiamo per perdere miliardi...
«Lasci stare quello che dice la sinistra parolaia e in malafede. I numero della Commissione europea non hanno colore. Parlano chiaro: siamo il Paese europeo che ha ottenuto sì più fondi (194,4 miliardi di euro, NdR), ma proprio quello che in assoluto ha fatto meglio. E infatti abbiamo incassato un giudizio positivo dall’Unione europea».

Ancora abbiamo da portare avanti altre riforme, incassare almeno due rate degli stanziamenti previsti e portare a compimento gli impegni assunti.
«L’ottava rata (12,8 miliardi) arriverà in autunno. Abbiamo già avanzato le richieste e inviatoa Bruxelles la documentazione necessaria per ottenere i soldi. Poi ci saranno la IX e X rata che cubano in totale oltre 40 miliardi. Tutto questo tra luglio 2025 e dicembre 2026».

Non teme che qualche obiettivo non venga raggiunto?
«Abbiamo già avvisato tutti: ministeri, Regioni, Province, Comuni: “Diteci come siete messi ora. Così interveniamo per tempo”».

E se qualcuno dei soggetti dovesse non farcela?
«Ognuno deve fare la propria parte. Tanto più che esiste una norma che prevede sanzioni per chi dovesse “bucare” gli obiettivi».

Chi sbaglia pagherà?
«Le sanzioni prevedono che vengano detratti i fondi a chi non raggiunge gli obiettivi. Quindi inutile avventurarsi laddove non si arriva. Vogliamo avere il tempo per sterzare su progetti realizzabili. E non perdere risorse. Quanto mai preziose per il bene dell’economia nazionale, delle imprese, dei lavoratori, dei cittadini».

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