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Giorgia Meloni, lo sfogo sul caso-Almasri: "Non sono Alice nel paese delle meraviglie"

di Roberto Tortora martedì 5 agosto 2025

2' di lettura

Furiosa, Giorgia Meloni. E il premier non le manda a dire, dopo aver ricevuto la notifica di archiviazione per il caso Almasri. Contrariamente, invece, a quanto accaduto al sottosegretario Alfredo Mantovano e ai ministri della Giustizia e dell’Interno, rispettivamente Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. La premier si è sfogata con La Stampa, spiegando in breve la sua spiegazione e rimarcando il suo umore nero: “Sono il capo del governo. Non Alice nel Paese delle meraviglie. Non mi aspettavo che si potesse dire che i miei ministri governano a mia insaputa”.

I suoi più stretti collaboratori ribadiscono: “Giorgia non è Giuseppe Conte”. Il riferimento è alla scissione tra l’ex-premier e l’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per la vicenda Open Arms: uno indagato, l'altro invece no. Meloni ha atteso che le notifiche raggiungessero tutti i membri dell’esecutivo coinvolti, dopodiché ha risposto colpo su colpo: “Rivendico che questo governo agisce in modo coeso sotto la mia guida: ogni scelta, soprattutto così importante, è concordata. È quindi assurdo chiedere che vadano a giudizio Piantedosi, Nordio e Mantovano e non anche io, prima di loro. Che loro agiscano a mia insaputa è una tesi palesemente assurda”. 

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Secondo le ricostruzioni della vicenda, la comunicazione depositata in cancelleria venerdì sera le sarebbe stata recapitata già nella mattinata di ieri, lunedì 4 agosto, dall’avvocato e senatrice Giulia Bongiorno, prima di salire in elicottero per Ancona insieme ad Antonio Tajani. Il malumore di Meloni, comunque, si è rivelato subito, nonostante il primo ministro abbia scelto di non palesarla fino al completamento delle verifiche tecniche del caso. A Palazzo Chigi fino a pochi giorni fa si ipotizzava che l’unica autorizzazione a procedere sarebbe ricaduta solo sul ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Il coinvolgimento congiunto anche di Mantovano e Piantedosi è stato interpretato dal governo come una "volontà politica” dei giudici, come l'ennesimo attacco togato al premier e all'esecutivo. Da qui la scelta di ribattere e mettere in rilievo l'assurdità della decisione. Giorgia Meloni va avanti, più convinta che mai.

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