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Chi ha i "pieni poteri" nel nostro Paese

di Mario Sechi martedì 4 novembre 2025

2' di lettura

Il referendum sulla riforma della giustizia sarà un caso molto interessante di studio del costume, della comunicazione, della politica. Per la prima volta negli ultimi quarant’anni l’opinione pubblica non ha più fiducia nelle toghe, ma il rapporto tra la magistratura e il giornalismo è più saldo che mai, al pari delle relazioni con il piccolo establishment dell’alta burocrazia, dell’industria, della finanza.

Il giudice nei confronti di questi soggetti fa valere un potere di ricatto potenziale mostruoso: i fili della giustizia non si toccano, altrimenti resti fulminato. Questo rapporto, nel caso del giornalismo, è addirittura simbiotico: il magistrato è una fonte, il giornalista dipende da quella fonte, ergo quella fonte è intoccabile. Per quanto riguarda gli attori finanziari e industriali va ricordato che la magistratura è capace - perfino in assenza di elementi robusti di indagine - di bloccare l’attività economica, procedere a sequestri cautelativi di pacchetti azionari, patrimoni societari e individuali, conti correnti bancari. Il giudizio?
Arriverà, nel frattempo l’attività va in malora, la ricchezza evapora, il benessere scompare.

Questo potere immenso è avere “le mani libere” e i “pieni poteri” di cui parla la sinistra senza riconoscerli. I magistrati sono intoccabili, cane non mangia cane, per questo va riformato il Csm e viene istituita l’Alta corte disciplinare. Questo è il nocciolo della riforma, rendere finalmente autonoma la magistratura dalle correnti, dalle relazioni tossiche, dalle parentele e dai clan. Separare le carriere significa dare al giudice il senso compiuto di quella scritta che vediamo nei tribunali: “La legge è uguale per tutti”. Anche per loro.

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