La prima guerra mondiale si concluse l'11 novembre 1918 e le condizioni per la pace vennero scritte nel 1919 e nel 1920 con ben cinque trattati separati. La seconda guerra mondiale terminò in Europa a maggio 1945 e venne sancita nel 1947 per l'Italia e nel 1990 per la Germania riunificata. Basterebbe questo a dare l'idea di quale lavoro ci sia dietro ai documenti con firme e sigilli di ceralacca che chiudono i conflitti, ridisegnano la geografia, impongono obblighi e fanno rivendicare diritti. In controluce possono sempre leggersi mitigazioni degli odi o accentuazione delle vendette, e infatti le clausole sono spesso punitive. La guerra non è un confronto sportivo, anche se il diritto internazionale si è illuso di poterla disciplinare attraverso convenzioni e trattati, e persino con organismi sovranazionali come la fallita Società delle Nazioni del primo dopoguerra e l'inane Organizzazione delle Nazioni Unite del secondo.
Chi pensa quindi che la guerra tra Russia e Ucraina si possa chiudere con uno schiocco di dita che magicamente fa fiorire la pace, appiana le divergenze e smorza avversioni e spirito di rivalsa, vive in un altro mondo. Starà adesso alla diplomazia, che non a caso è considerata un'arte, smussare gli angoli, ammorbidire le clausole, tirare di qua e di là una coperta sempre troppo corta, perché banalmente se ci fosse stata un'intesa prima non ci sarebbe stata una guerra dopo. Qualunque assetto o riassetto nei rapporti di forza è stato un provvisorio che veniva spacciato per definitivo.
Prendiamo la cartina d'Europa del 1914 e poi quella del 1919: quattro imperi spariti (russo, tedesco, austro-ungarico e ottomano), una miriade di stati ricreati o addirittura creati perché mai prima esistiti, come la Jugoslavia e la Cecoslovacchia. Prendiamo poi una cartina del 1999: di tutto il lavoro mostruoso fatto da diplomatici, esperti, cartografi, militari, economisti (e affaristi) a Versailles, Saint-Germain, Trianon, Neully e Sèvres, non è restaurato praticamente nulla. Cecoslovacchia e Jugoslavia non esistono più. Il vento della Storia ha spazzato via pure il riassetto fissato dai Tre grandi (Roosevelt, Churchill e Stalin) con le loro Conferenze prima ancora dei trattati che ne sancivano desideri, ambizioni e volontà con la formula neutra della pace imposta col diritto del più forte. Funziona così dai tempi del gallo Brenno che truccava la bilancia per ottenere dai romani quanto previsto dai trattati e su un piatto mise pure la spada pronunciando il vae victis. La pace ha un prezzo e quindi ha un costo.
La pace la si può seguire a tutti i costi ma c'è sempre un prezzo da pagare. Quando Alcide De Gasperi pronunciò il suo discorso a Parigi il 10 febbraio 1947, dove la pace venne imposta all'Italia che si era illusa di poter negoziare, disse: «Prendo la parola in questo consenso mondiale e sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me: è soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa ritenere un imputato, l'essere arrivato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e faticosa elaborazione». C'è tutto, in sintesi, ed è una lezione di nobiltà e di realpolitik. L'idealista presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson nel 1918 elaborò i “14 punti per una pace giusta”. Giusta è l'aggettivo che ricorre questi giorni, arbitrariamente utilizzato con pace al posto del più realistico “di compromesso”. Wilson fece leva sul principio dell'autodeterminazione dei popoli e sull'utopia della bontà dell'uomo.
Gli Usa non aderiranno mai alla Società delle nazioni che doveva tenere i conflitti fuori dalla civiltà ei vincitori della Grande guerra si ricordarono più di Brenno che di Salomone al momento delle loro conclusioni fissando le regole per la pace. I tedeschi superarono la poetica definizione dannunziana della vittoria mutilata dell'Italia e per la Germania sconfitta utilizzeranno il termine di diktat, che firmarono solo all'ultimissimo momento. E così la Grande guerra divenne la prima guerra mondiale perché ce ne sarebbe stata una seconda, persino più feroce, dopo venti annidi finta pace.