È ampia la letteratura scientifica sugli animali di palude, lungamente studiati da legioni di etologi e scienziati. Ci sono gli uccelli acquatici (tra cui gli elegantissimi aironi), ma soprattutto, ahiloro decisamente meno aggraziati e accattivanti per i nostri occhi, svariati anfibi, alcuni rettili sguscianti e pure qualche mammifero tipo nutrie e topastri.
No, non è la trascrizione di una puntata di Quark, ma una parziale anticipazione di quello che il Pd metterà in campo per trascinare- appunto- nella palude prima la discussione sul possibile cambiamento della legge elettorale e poi - nelle speranze del partito di Schlein - l’intera prossima legislatura. E come? Molto semplice.
Per un verso, come Libero vi racconta da mesi, ammucchiando tutto l’ammucchiabile: nella campagna elettorale del 2022 l’opposizione si divise in tre tronconi (il Pd con Avs e boniniani; i grillini per conto loro; i centristi a loro volta separati). Morale: un centrodestra già lanciatissimo ebbe gioco facile a sbaragliare gli avversari. Stavolta il piano di Schlein («testardamente unitaria») è di radunare tutti i potenziali alleati, incurante delle differenze programmatiche, delle contraddizioni, di rancori antichi e nuovi.
Ma non basta ancora, perché pure una simile ammucchiata, anzi quest’ammucchiatissima, resterebbe complessivamente non competitiva con il centrodestra. A Nord non ci sarebbe partita, e pure al Centro (tranne l’eccezione tosco-emiliana) la sinistra non avrebbe certezza di prevalere. L’unica speranza per la comitiva di sinistra-centro poggerebbe sul Sud: nei collegi del Meridione, mettendosi tutti insieme, potrebbero effettivamente entrare in partita e vincere non poche sfide uninominali. Per ciò che riguarda la Camera, non basterebbe ancora a impedire una consistente maggioranza di centrodestra, ma al Senato - ecco il punto - si potrebbe realizzare lo “scenario pantano”, con una maggioranza risicatissima o un rischio di sostanziale pareggio.
La palude, appunto: una vittoria politica della coalizione di centrodestra alla quale tuttavia si impedirebbe di ottenere una maggioranza numerica (o una maggioranza adeguata e rassicurante almeno in una delle due Camere). Ecco dunque perché il Pd è disposto a tutto per impedire un ritocco della legge elettorale: perché la palude, per il centrosinistra, non è un incidente, ma esattamente il risultato auspicato-ricercato-desiderato.
Dall’altro lato della barricata, ha invece le sue ragioni il centrodestra che intende apportare dei correttivi prima che la legislatura finisca. Non si tratta di inventarsi chissà quale gherminella per vincere a tavolino, ma - esattamente al contrario - di garantire la governabilità, o se volete di scongiurare l’ingovernabilità.
E qui iniziano i paradossi, con i soloni della sinistra politica e mediatica che fino a ieri piagnucolavano sull’astensione, ma oggi farebbero carte false per lasciare nella paralisi il prossimo Parlamento (proprio un bello spot per nauseare gli elettori). Per non dire dei temibili “esperti” di leggi elettorali, già appositamente scongelati da qualche quotidiano, lestissimi a sostenere che sì, la legge elettorale andrebbe modificata, ma - guarda caso - non nella direzione indicata dal centrodestra.
Si accettano scommesse: ogni scusa sarà buona («è troppo tardi», «non potete cambiarla da soli», e via ripassando in padella i soliti alibi) per mettere i bastoni tra le ruote a qualsiasi modifica e sperare - a quel punto - che ricominci la stagione dei governi tecnici odi qualche escogitazione di palazzo.
Una ragione di più, per il centrodestra, per insistere e portare a casa la modifica. Non sarà un bene nell’interesse di una sola coalizione, cioè di una sola parte, ma si tratterà di un intervento opportuno per evitare di bruciare la prossima legislatura.




