Quel vizietto della superiorità morale non se lo tolgono dalla testa. Dispensano lezioni, non tollerano la destra alla guida dell’Italia, in testa gli ronza ancora e sempre un antifascismo senza fascismo. Per carità, non che ci feriscano più di tanto gli ululati dei comizianti di sinistra. Ci sta che ne dicano di tutti i colori- rosso, in particolare- e in fondo è il loro mestiere. Che altro possono avere da dire nella loro pochezza politica, privi di argomenti ma non di una voce più che possente...
Semmai, a colpire sono i replicanti, quelli che ti stupiscono, perché li leggi ogni volta che scrivono ed è molto meglio di quando parlano. Non credevo ai miei occhi e soprattutto alle mie orecchie, l’altra sera a DiMartedi di Giovanni Floris nel sentire le parole di Alessandro De Angelis, solitamente acuto e arguto editorialista de La Stampa. Si discuteva del governo e anche lui ha dovuto usare le parole magiche della sinistra, come un Nicola Fratoianni qualsiasi: «Camerati», «Colle Oppio». Ormai è una tiritera. Peggio, è un offensivo ritorno al passato. Non considero certo come parolacce le espressioni che ho ascoltato, la prima è appartenuta anche alla mia giovinezza; ma la seconda, Colle Oppio, è diventata uno slang nel linguaggio sguaiato di certa politica, che non conosce la storia.
In quella zona c’era una sezione, la prima del Movimento Sociale Italiano in tutta Italia, dedicata ai martiri dell’Istria, della Giulia e della Dalmazia. Li’ si sono formate tante generazioni di militanti missini. Studiavano, crescevano. Uno di loro non ce la fece, si chiamava Stefano Recchioni, e fu ammazzato la sera della strage di via Acca Larentia da un appartenente alle Forze dell’ordine.
Ma si dice del governo Meloni «quelli di Colle Oppio», con una manifestazione di disprezzo francamente insopportabile. E turba se ad usare questa espressione è proprio un intellettuale. Perché è anche così che si crea il nemico politico. In fondo, si incaricò l’amministrazione capitolina di Virginia Raggi di mettere i sigilli a quella sezione, chiudendone i battenti. Eroismo, indubbiamente. Ma direi che non è vero che da Colle Oppio si sia arrivati al governo, perché non transitarono da lì né il ministro della Difesa, Guido Crosetto né quello della Giustizia, Carlo Nordio, né tantomeno quello delle Infrastrutture, Matteo Salvini o quello degli Esteri, Antonio Tajani, ad esempio. O Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia.
Con la scusa di quella sezione, vogliono ridurre la storia della destra italiana a quella che per la sinistra era un covo. La testolina torna sempre lì, ai “fasci”. E così che intendete il dibattito politico? Poco prima del nostro talk, Giovanni Floris aveva intervistato Goffredo Bettini: non lo ha certo additato come un comunista, che pure è stato. Oggi non avrebbe alcun senso politico definirlo come un tempo. Una sinistra elitaria e presuntuosa, giustamente tacciata di rimanere chiusa nel ghetto chiamato Ztl, detta lezione a chi ha combattuto una vita per le sue idee nel rispetto della democrazia. E con le regole della democrazia ha vinto e oggi governa. Loro non ci stanno. È legittimo non avere un’opinione positiva di un governo, ci mancherebbe. Ma conta anche il modo, soprattutto quando sei in televisione. Dileggiare non serve alla causa, perché ti guarda anche una comunità che in quei luoghi ha trascorso un pezzo della sua esistenza politica. I “camerati”, caro De Angelis, sono quei tanti e troppi ragazzi caduti in una battaglia terribile durante gli Anni di piombo. E non stanno al governo, ma sottoterra. Un po’ di rispetto, per favore, soprattutto da parte di chi ha scritto sempre per informare e per formare. «Oltre il rogo non vige l’ira nemica», disse Giancarlo Pajetta di fronte alla salma di Giorgio Almirante. Noi, almeno noi, ne restammo straordinariamente ammirati.