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Macchina della giustizia perfetta? Gli errori dei magistrati costano 27 milioni l'anno

Mentre l'Anm grida all'assalto della sua indipendenza, gli italiani sono alle prese con gli orrori giudiziari
di Tommaso Montesano giovedì 27 novembre 2025

toghe

3' di lettura

Conviene partire dai dati diffusi dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in Parlamento. Alla Camera dei deputati. Il Guardasigilli interviene durante il question time e una delle interrogazioni riguarda i danni da ingiusta detenzione in Italia. In soldoni: quanto lo Stato nel corso degli anni è stato obbligato a pagare per aver mandato in galera un innocente. In fondo la “questione giustizia” è tutta qui: se la “macchina” funziona bene, non dovrebbero esserci intoppi. E invece.

Rispondendo a una domanda del forzista Enrico Costa, Nordio comunica i numeri aggiornati dopo aver chiesto lumi al ministero dell’Economia. Per l’intero 2024, tanto per cominciare, sono stati liquidati indennizzi a titolo di riparazione per ingiusta detenzione pari a 26,9 milioni di euro. Quest’anno, invece - ma il dato è giocoforza parziale, fino al 31 ottobre- sono già state accolte «535 domande» di risarcimento per un importo complessivo «a carico dell’Erario pari a 23.850.925 euro». E il quadro potrebbe anche peggiorare, avverte il ministro della Giustizia, visto che sono state presentate 913 istanze non tutte, evidentemente, evase. Altro elemento da tenere in considerazione: premesso che «la misura cautelare dovrebbe essere un’eccezione tenuto conto della presunzione di innocenza prevista dalla Costituzione», lo scorso anno in Italia «le misure cautelari personali coercitive emesse sono state 94.168, di cui 48.900 sono custodiali (cioè custodia cautelare in carcere, arresti domiciliari o luogo di cura)». E anche questi non sono numeri definitivi.

Bastano queste cifre per capire in che situazione versa la giustizia italiana, attesa in primavera dal referendum confermativo sulla riforma costituzionale approvata dal governo (la data del voto sulla separazione delle carriere e lo sdoppiamento del Csm «dovrebbe essere la prima metà marzo», ha anticipato il Guardasigilli). Mentre la magistratura grida all’assalto della sua indipendenza e della sua autonomia («pericolo che non esiste», ha ribadito anche ieri Francesco Greco, presidente del Consiglio nazionale forense), c’è il dramma dei nostri connazionali alle prese con gli errori giudiziari. Lo stesso Costa ha rivelato che dal 1992 ad oggi «siamo arrivati a oltre 30mila persone e oltre 900 milioni di euro spesi» dallo Stato per risarcire chi è finito nell’ingranaggio per lo sbaglio delle toghe. Un «aggravio finanziario» per le casse dello Stato, certo, ma soprattutto «fardelli di dolore» per situazioni «per le quali non vi sarà mai rimedio», ha denunciato Nordio. Ogni volta che lo Stato è costretto a risarcire un suo cittadino per un errore della giustizia, quella è una «manifestazione di sconfitta». Di più: è la prova che la macchina della giustizia è in panne e che è il caso quantomeno di inviare la vettura dal meccanico per cambiare i pezzi.

Di fronte ai numeri diffusi da Nordio, il quesito è ancora più lineare: la giustizia merita una revisione o no? Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha avuto il merito di semplificare il quadro, invitando a guardare nel merito dei cambiamenti proposti agli elettori: «Se voi pensate che in Italia la giustizia funzioni perfettamente, potete rifiutare la riforma e votare “no” al referendum.

Ma se pensate che la giustizia in Italia possa migliorare allora il mio consiglio è votate “sì”». Anche perché non si spiega come mai a fronte degli errori commessi i magistrati vantino «il 99% di valutazioni positive davanti al Csm». Numeri - diffusi da Costa - da macchina perfetta. Così, purtroppo, non è.

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referendum giustizia

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