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Nella Lega scoppia la faida interna

L'ultimo scandalo scuote il Carroccio già provato dalle tensioni tra maroniani e cerchio magico. I "big" del partito tacciono

Lucia Esposito
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Lega sotto choc per il caso Davide Boni. L'avviso di garanzia al presidente del Consiglio regionale lombardo, indagato per corruzione insieme al capo della sua segreteria, Dario Ghezzi, per presunte tangenti percepite tra il 2008 e il 2010, quando era assessore regionale all'edilizia, ha letteralmente scosso un movimento che, tradizionalmente, fa della difesa della legalità una bandiera. La notizia è arrivata in un momento particolare, con il Carroccio che, passato all'opposizione, da giorni ha alzato i toni contro il governo Monti (è di ieri la frase choc pronunciata da Umberto Bossi a Piacenza, "Monti rischia la vita") e, in via Bellerio, la reazione più naturale è stata speculare sul "tempismo" dimostrato dalla magistratura. Ma le accuse, formulate dai pm, sono pesanti e, in particolare, il riferimento degli inquirenti a un 'sistema Legà ha sconvolto il partito. Anche se non il suo capo. Chi ha avuto modo di chiacchierare con Bossi, nel pomeriggio, lo ha trovato tranquillo e sereno. "Vogliono sfasciarmi il partito, ma noi andiamo avanti", avrebbe detto il senatur. "E chi se ne frega dei giudici..", avrebbe aggiunto, indossando l'abito 'sprezzantè, spesso tirato fuori di fronte a queste vicende. In questi giorni, con i suoi, Bossi si è detto più volte convinto che il Carroccio prenderà un sacco di voti alle amministrative di maggio, grazie alla lotta 'senza quartierè contro il governo e la proposta di legge di iniziativa popolare, presentata in Cassazione, contro la riforma delle pensioni. Chi è preoccupato è il resto della Lega, già messa a dura prova dalle tensioni interne tra maronianì e cerchio magico. Boni ha proclamato la sua "estraneità" e promesso collaborazione con gli inquirenti. Per il resto, in Regione, oggi, i consiglieri 'padanì non hanno aperto bocca. L'unico a parlare, il vice governatore, Andrea Gibelli, che ha dettato la linea. "Sono aperte tutte le possibilità, non c'è nessuna richiesta formale" di dimissioni. "Spero che Boni darà informazioni coerenti con quelle che ci attendiamo. Dopo, come partito, faremo tutte le valutazioni del caso". In serata, non era ancora stata presa alcuna decisione, anche se, secondo quanto si apprende, la linea 'soft' dell'auto-sospensione dalla carica di presidente del Consiglio lombardo dovrebbe prevalere sulla richiesta di fare un passo indietro definitivo.   Che il clima sia rovente, però, lo dimostra la presa di posizione immediata di Francesco Belsito, tesoriere della Lega, già nel mirino per le gestione dei rimborsi elettorali del partito. In attesa di una linea dall'alto, che, come sempre, sarà dettata da Bossi, Belsito ha diramato una nota in cui ha voluto dichiarare "l'estraneità" totale del movimento rispetto alle accuse mosse dai pm (che parte del "ben oltre" milione di tangenti sia stato usato per "esigenze del partito").   Per il resto, mentre anche i 'big' tacevano (Roberto Calderoli e Roberto Maroni non hanno commentato), la notizia è stata commentata da pochi e in ordine sparso. Il capogruppo alla Camera, Giampaolo Dozzo, ha ricordato che una settimana dopo la presentazione dell'emendamento sulla responsabilità civile dei magistrati è arrivato un avviso di garanzia al primo firmatario, il deputato leghista, Gianluca Pini. Matteo Salvini ha parlato di "strane coincidenze contro l'unica opposizione". Ma c'è anche chi, come il segretario della Liga veneta, Gianpaolo Gobbo, ha suggerito a Boni di dimettersi, per difendersi meglio ("Io lo farei", ha detto).

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