Salute: 'pancione' in dialisi o dopo trapianto, sempre piu' madri coraggio
Salute
Milano, 6 mar. (Adnkronos Salute) - Affrontare una gravidanza e far nascere un bimbo sano può essere un'impresa per una donna con insufficienza renale cronica. Una scelta che comporta rischi più che raddoppiati per la mamma e il suo bebè, ma che oggi sempre più 'madri coraggio' vogliono compiere, decise a non rinunciare alla gioia di un figlio nonostante la dialisi o un trapianto subito. Storie di eroismo che si consumano lontano dai riflettori delle cronache, ma a cui gli esperti di Sin (Società italiana di nefrologia) e Fir (Fondazione italiana rene) vogliono rendere onore in vista della Giornata mondiale del rene che si celebra l'8 marzo, contemporaneamente alla Festa della donna. "Su 100 donne in dialisi, meno di 10 sono in età fertile perché l'età media dei malati di insufficienza renale cronica è alta, intorno ai 70 anni - ricorda in un incontro oggi a Milano Francesco Pizzarelli, segretario Sin e direttore di Nefrologia all'ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze - Dati nazionali su quante di queste pazienti diventano madri non sono disponibili", mentre per quanto riguarda la maternità post-trapianto "si stima che nel mondo, sul totale trapiantati al rene, i parti siano ad oggi circa 10 mila". Ma "al di là dei numeri, oggi vogliamo lanciare un messaggio di speranza e dire che la maternità in dialisi o dopo trapianto è diventata una possibilità concreta", nonostante le possibili complicanze 'fotografate' da uno studio a Torino. "Oltre il 58% delle donne con un danno renale anche lieve avrà un parto prematuro, contro il 5% di quelle con funzione renale normale - riassume lo specialista - Per queste pazienti, inoltre, la probabilità di partorire con un cesareo sale dal 25% al 44%. Rischi che è possibile contenere tanto più precoce è la presa in carico da parte di un team multidisciplinare, in cui il nefrologo lavora al fianco del ginecologo esperto in gravidanze difficili". Pizzarelli chiude con una riflessione: "Se in un certo senso la dialisi può essere vissuta come una sconfitta, bisogna considerare che in medicina rappresenta finora l'unica terapia che permette a una persona di vivere dopo la morte di un organo". E l'esperienza cresce insieme ai numeri. "Nei primi anni '80 si contavano nel mondo non più di 200 mila dializzati, mentre oggi sono 2-2,5 milioni: 10 volte tanto", segnala il segretario Sin. In particolare, la nefrologia italiana è leader a livello internazionale "con una mortalità in dialisi pari alla metà di quella americana", evidenzia. "Parliamo di una mortalità del 15% contro il 30-32% negli Stati Uniti", conferma Diego Brancaccio, presidente Fir. "I nefrologi nuotano controcorrente", chiosa lo specialista.