Nel paziente con glaucomaansia e depressione doppie
Un problema non solo per la vista: secondo uno studio del Policlinico San Matteo di Pavia il 36 per cento dei pazienti ha avuto paura di diventare cieco e il 27per cento ha provato ansia
Quando la capacità visiva viene compromessa dal glaucoma l'organo colpito non è soltanto l'occhio ma anche il cervello perché avere difficoltà a svolgere anche le più semplici azioni domestiche oppure non poter più uscire da soli a fare la spesa genera nell'anziano – spesso affetto anche da altre malattie – ansia e depressione. Il glaucoma non colpisce solo gli occhi ma diventa un problema psicologico provocando ansia o depressione. Oltre il 70 per cento dei pazienti che ha ricevuto una diagnosi di glaucoma ha avuto un approccio emotivo negativo. La reazione alla diagnosi. Secondo i dati di uno studio condotto dalla Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia e dall'Istituto Beato Palazzolo di Bergamo, oltre il 70 per cento dei pazienti ha avuto un approccio emotivo negativo alla diagnosi: il 35.7 per cento ha avuto paura di diventare cieco, il 26.7 per cento ha provato ansia (i pazienti più giovani di più in confronto a quelli più anziani). “In questi pazienti la preoccupazione e l'ansia nascono anche solo all'idea che la progressione della malattia possa fargli perdere la propria indipendenza costringendoli ad un isolamento sociale” dichiara il professor Carlo Nucci, direttore dell'Unità Operativa Complessa di Oculistica presso il Policlinico Universitario di Roma Tor Vergata. Più ansia e depressione. Ma l'ansia non è l'unica possibile reazione: spesso c'è anche una forma depressiva. Varie ricerche scientifiche hanno indagato sull'impatto psicologico che può avere il glaucoma stabilendo che i tassi di incidenza di ansia e depressione risultano doppi in chi soffre di questa patologia rispetto alla popolazione generale. Come emerge dalla meta-analisi italiana condotta dalle Università di Brescia, dalla Fondazione G.B. Bietti di Roma e dall'Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, uno studio giapponese ha dimostrato che la prevalenza di pazienti con ansia (13 per cento) e depressione (10,9 per cento) è significativamente più alta rispetto al gruppo di controllo (rispettivamente 7 per cento e 5,2 per cento). Disagi giustificati dalle limitazioni della malattia. Vari studi hanno messo in luce il fatto che tra gli organi di senso, la perdita della vista è quella che crea più ansia perché gli occhi sono considerati l'organo più prezioso da proteggere. “Poiché questa malattia è cronica e può potenzialmente portare alla cecità, il glaucoma comporta un enorme carico psicologico – dichiara Nucci – Tutte le limitazioni che comporta, come per esempio, la paura di cadere, i problemi di equilibrio e l'insicurezza alla guida possono provocare nel paziente con glaucoma una forma depressiva. Le conseguenze psicologiche sono legate anche alla paura di diventare cieco e alla consapevolezza che questa condizione peggiora di anno in anno provocando difficoltà di deambulazione, problemi nella lettura, nel riconoscimento degli oggetti e dei volti e nella guida”. “Il glaucoma è una malattia che interessa il 3 per cento della popolazione con più di 40 anni di età – sottolinea il professor Giorgio Marchini, direttore della Clinica Oculistica dell'azienda ospedaliera universitaria Integrata di Verona – La causa è principalmente legata all'aumento della pressione intraoculare, che danneggia progressivamente il nervo ottico e il campo visivo. Nella sua genesi tuttavia giocano un ruolo anche fattori neurodegenerativi e vascolari, infatti si stima che dal 30 al 70 per cento dei soggetti con glaucoma ne hanno una forma indipendente dalla pressione oculare alta”. Uno studio della University of Miami Miller School of Medicine, ha dimostrato che la riduzione della pressione oculare nei pazienti con glaucoma è in grado di rallentare la progressione della malattia ma non riesce a fermarla del tutto a causa dell'origine neurodegenerativa della malattia, simile a Alzheimer ed il morbo di Parkinson. Il nuovo approccio terapeutico prevede di affiancare alle terapie di prima linea, sostanze neuro-protettive che contrastino il suicidio cellulare. “Tra le varie sostanze ad azione anti-ossidante l'ubiquinone, più noto come Coenzima Q10, è considerato una delle molecole più promettenti. Simile ad una vitamina, é presente a livello del mitocondrio e partecipa al metabolismo deputato alla produzione di energia all'interno della cellula intervenendo come uno spazzino nei meccanismi di rimozione dei radicali liberi”, conclude il professor Nucci. (EUGENIA SERMONTI)