Centri diabetologici ‘salvavita'“Serve migliorarli e potenziarli”
Una recente metanalisi pubblicata sul numero di maggio della rivista ‘Nutrition, metabolism and cardiovasculardisease' dimostra che i pazienti assistiti presso i centri diabetologici muoiono di meno
Sono oltre 500 i centri diabetologici sparsi sul nostro territorio e ognuno di essi è davvero ‘vitale' per i pazienti: una recente metanalisi di studi italiani pubblicata sul numero di maggio della rivista ‘Nutrition, metabolism and cardiovascular disease' e basata su dati prospettici raccolti in Lombardia (7 Azienda sanitaria locale), Veneto (Verona) e Piemonte (Casale Monferrato), ha evidenziato che le persone con diabete assistite anche presso i centri diabetologici presentano una mortalità per tutte le cause ridotta del 19 per cento. Un dato che emerge anche dopo aver apportato gli opportuni aggiustamenti statistici per sesso, età ed alcune variabili potenzialmente confondenti. Ne consegue che basta assistere solo 17 pazienti per 10 anni presso un centro diabetologico per prevenire un evento fatale. “Si tratta di un dato molto rilevante, perché sovrapponibile o addirittura migliore di quello osservato in prevenzione secondaria usando le statine per ridurre il colesterolo, oppure gli Ace-inibitori per ridurre la pressione arteriosa - afferma il professor Enzo Bonora, della Società italiana di diabetologia (Sid) e primo autore dell'articolo - statine e Ace inibitori sono considerati farmaci ‘salvavita' e, analoga considerazione merita la visita presso il centro diabetologico. L'addestramento alla gestione della malattia (al quale contribuiscono infermieri e dietisti esperti, che affiancano i diabetologi nei centri), lo screening e la stadiazione delle complicanze, l'uso delle tecnologia più moderne per il monitoraggio, l'utilizzo di tutto il vasto armamentario terapeutico a disposizione del diabetologo, l'esperienza maturata nell'assistere migliaia di persone, sono fattori che nel loro complesso possono spiegare perché chi viene assistito anche presso i centri diabetologici presenti una ridotta mortalità”. La legge 115 del 1987 e il Piano nazionale diabete raccomandano che la cura delle persone con diabete in Italia comprenda anche delle visite periodiche presso i centri diabetologici. E i risultati di questo studio avvalorano e supportano questa raccomandazione. Estrapolando i risultati della metanalisi è possibile stimare che la piena applicazione del Piano nazionale diabete porterebbe nell'arco del prossimo decennio ad evitare la morte di circa 150 mila persone con diabete, pari a circa 15 mila ogni anno. “Non si tratta solo di migliorare il controllo del diabete o di avere accesso ai farmaci più moderni – commenta Bonora – ma evidentemente anche di allungare la vita delle persone con diabete grazie al contributo degli specialisti che lavorano a fianco dei medici di famiglia”. Va sottolineato che un dato circa l'impatto dell'assistenza specialistica sulla mortalità non è disponibile per altre discipline specialistiche. “Al momento attuale – afferma il professor Giorgio Sesti, past president della Sid – solo la metà delle persone con diabete frequenta i centri diabetologici. Visti questi risultati, sarebbe raccomandabile che anche gli altri cominciassero a frequentarli, nella piena applicazione della gestione integrata fra medici di famiglia e centri specialistici, che è il modello assistenziale propugnato dal Piano nazionale diabete”. Il Piano nazionale diabete del ministero della salute è stato approvato dalla conferenza Stato-Regioni nel 2012 ma la sua applicazione è stata finora solo parziale e a macchia di leopardo. “Secondo quanto previsto dal Piano nazionale diabete i medici di famiglia – continua Bonora – dovrebbero condividere coi centri specialistici la cura di tutte le persone con diabete fin dal momento della diagnosi e le persone con diabete dovrebbero accedere ai centri con una frequenza differenziata a seconda dalla condizione clinica”. “Per assistere adeguatamente i quasi 4 milioni di italiani con diabete – conclude Sesti - i centri diabetologici dovrebbero essere però potenziati e, laddove necessario, riorganizzarsi per poter essere in grado di assistere un maggiore numero di persone con diabete”.(MATILDE SCUDERI)