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Mostra itinerante racconta l'immunoterapia dei tumori

La mostra, promossa da Roche in collaborazione con l'Istituto Europeo di Design (IED) e WALCE onlus e realizzata grazie alla consulenza scientifica di un pool di scienziati, medici e ricercatori insieme alle associazioni dei pazienti

Maria Rita Montebelli
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Un comitato di esperti di livello internazionale si è riunito oggi a Milano per fare il punto sull'immunoterapia oncologica, in occasione della presentazione di una mostra itinerante, promossa da Roche e realizzata in collaborazione con IED – Istituto Europeo di Design e l'Associazione pazienti WALCE Onlus, che farà poi tappa nelle principali città italiane a partire da Napoli e Bari. C'è chi la considera una 'rivoluzione', una 'svolta storica', chi ne parla come di 'un sogno diventato realtà'. Comunque la si definisca è ormai opinione condivisa che l'immunoterapia dei tumori rappresenta l'innovazione più significativa nel trattamento del cancro. È proprio alla storia di questa straordinaria rivoluzione che per la prima volta è stata dedicata una mostra 'Immunoterapia oncologica: tra visione, realtà e prospettive future', realizzata in collaborazione con gli alunni di IED – Istituto Europeo di Design e con la consulenza scientifica di alcuni dei massimi esperti in materia. La mostra presentata oggi a Milano ripercorre, attraverso il linguaggio della scienza e dell'arte, la storia di una visione, nata agli inizi del Novecento e oggi diventata realtà, che si fonda su un concetto tanto semplice quanto affascinante: potenziare l'attività del sistema immunitario per identificare il tumore e contrastarne l'avanzata dall'interno. La mostra, promossa da Roche in collaborazione con IED – Istituto Europeo di Design e WALCE Onlus e realizzata grazie alla consulenza scientifica di Alberto Mantovani, immunologo e Direttore scientifico di Humanitas, docente di Humanitas University, Michele Maio, oncologo, professore ordinario di Oncologia Medica presso l'Università degli Studi di Siena, direttore del Centro di Immuno-Oncologia e del reparto di Immunoterapia Oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena e Silvia Novello, professore ordinario di Oncologia Medica presso l'Università degli Studi di Torino - Dipartimento di Oncologia, responsabile SSD Oncologia Polmonare – AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano, presidente di WALCE Onlus, partirà da Milano per fare tappa, tra il 2019 e il 2020, in alcuni centri delle principali città italiane, ad iniziare da Napoli (novembre 2019) e Bari (dicembre 2019).  Se oggi i farmaci immunoterapici sono entrati nella pratica clinica cambiando la storia naturale di alcuni tumori tra cui il melanoma, il tumore del polmone non a piccole cellule, il carcinoma renale ed il linfoma di Hodgkin, il merito è da ricercare nella caparbietà di alcuni scienziati che in oltre 100 anni di ricerca, tra passi avanti e battute d'arresto, hanno creduto nelle potenzialità dell'immunologia per sconfiggere i tumori. “Oggi sappiamo che i tumori non sono tutti uguali e che il cancro è una malattia con una forte componente genetica dovuta ad un accumulo di mutazioni del DNA capaci di far impazzire la cellula e farla replicare all'infinito – ha affermato Alberto Mantovani – Proprio in virtù della sua instabilità genetica il tumore si comporta come un bersaglio mobile, capace non solo di manipolare le difese immunitarie per creare intorno a sé un microambiente ideale per crescere e proliferare, ma anche di modificarsi in risposta ai farmaci, intesi come chemioterapia e terapie mirate”. Da qui l'importanza della scoperta dei checkpoint immunitari, che normalmente impediscono al sistema immunitario di diventare troppo aggressivo anche verso le cellule sane dell'organismo, e del loro ruolo nel togliere i freni ai nostri meccanismi di difesa per aiutare il sistema immunitario a riconoscere e distruggere le cellule tumorali. “Nei tumori per i quali abbiamo dati sull'efficacia a lungo termine del trattamento (almeno 5 anni dall'inizio della terapia) sappiamo che circa il 40 per cento dei pazienti trae beneficio clinico dall'immunoterapia, ma è bene considerare che si tratta solo di un punto di partenza e che la strada che si apre davanti è ancora lunga e complessa. Le sfide per noi oncologi sono di aumentare questa percentuale, rendere efficace l'arma dell'immunoterapia su nuovi tipi di tumori e allo stesso tempo comprendere con sempre maggior precisione quali sono i pazienti che possono avvantaggiarsi maggiormente da questo tipo di trattamento per avere la possibilità di selezionarli fin dall'inizio, migliorando quindi le nostre strategie di intervento terapeutico – ha spiegato Michele Maio, oncologo, professore ordinario di Oncologia Medica presso l'Università degli Studi di Siena, direttore del Centro di Immuno-Oncologia e del reparto di Immunoterapia Oncologica del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena - È proprio su uno dei tumori considerati tra i più letali e difficili da trattare, il carcinoma polmonare, che l'immunoterapia si è dimostrata particolarmente efficace offrendo speranze concrete ad una popolazione di pazienti che fino a pochissimo tempo fa ne aveva poche, come i pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC), la tipologia più comune che rappresenta circa l'85% dei casi. In questi pazienti l'immunoterapia ha mostrato risultati sorprendenti consentendo un miglioramento significativo della sopravvivenza. Risultati che hanno portato anche alla recente approvazione del farmaco immunoterapico atezolizumab nel trattamento del tumore al polmone non a piccole cellule in prima linea e nel microcitoma, un'area in cui esiste ancora un altissimo unmet need”. È proprio l'impatto sui pazienti e le speranze offerte da questi nuovi trattamenti a guidare l'impegno della ricerca scientifica in questo e in altre tipologie di tumori. “L'immunoterapia sta in effetti cambiando l'approccio terapeutico ad alcune malattie oncologiche. Di fronte a risultati sorprendenti e insperati fino a qualche anno fa in patologie a cattiva prognosi come il melanoma metastatico o il tumore del polmone, occorre affiancare all'entusiasmo la consapevolezza del fatto che, ad oggi, si conosce ancora poco l'interazione tumore-sistema immunitario e, a cascata, ancora non ottimale è l'approccio terapeutico e la selezione dei pazienti: solo uno studio continuo, congiunto e appassionato di tale relazione darà la possibilità, negli anni, di affrontare in modo sempre più preciso ed efficace la lotta ai tumori e solo l'estensione della conoscenza anche nel setting della malattia precoce ci consentirà davvero di modificare l'epidemiologia di queste malattie – sottolinea Silvia Novello – Ai benefici clinici dell'immunoterapia si aggiunge anche un vantaggio in termini di qualità di vita, permettendo una migliore gestione dei sintomi che, nel caso dei pazienti con patologia polmonare oncologica, sono spesso invalidanti”. Queste sono state le premesse e il racconto che hanno guidato il lavoro degli alumni IED, chiamati a reinterpretare con il linguaggio dell'arte il meccanismo di azione e l'impatto per i pazienti di questa straordinaria scoperta. “Abbiamo partecipato con entusiasmo a questo progetto convinti di poter dare un contributo importante alla divulgazione di questa straordinaria scienza sfruttando il potere comunicativo delle immagini. Attraverso fotografie e illustrazioni i giovani designer hanno, infatti, dato forma all'immunoterapia oncologica superando il concetto di malattia-paziente-cura per dare centralità alla persona, quale protagonista del percorso di cura” – ha commentato Serena Sala, sociologa e docente IED. “L'immunoterapia sta determinando un vero cambio di paradigma nel trattamento dei tumori, e lo sviluppo di farmaci immunoterapici innovativi, come atezolizumab, ha permesso di migliorare significativamente la sopravvivenza di pazienti affetti da diversi tipi di tumore. Il nostro impegno nel campo della ricerca immuno-oncologica, comprende una pipeline che va oltre la categoria degli anti PDL-1, includendo anche altri inibitori dei checkpoint, i vaccini e gli anticorpi bispecifici, con l'obiettivo di sfruttare al massimo il potenziale del sistema immunitario ed estendere questo beneficio a sempre più pazienti. Ma l'innovazione non può prescindere dall'ascolto e dalla collaborazione con i pazienti e da una corretta informazione. È proprio su queste basi che nasce questo progetto che ci auguriamo possa avvicinare sempre di più il grande pubblico ai progressi della medicina”, ha concluso Anna Maria Porrini, direttore medico di Roche in Italia. (EUGENIA SERMONTI)

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