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Digital Health: identikit del paziente oncologico

I dati dell'indagine realizzata dall'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, in collaborazione con l'Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici (Aimac) grazie al contributo di Gilead Sciences Italia

Maria Rita Montebelli
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Internet, social network, community online, app dedicate alla salute (circa 325 mila quelle disponibili oggi), braccialetti e altri dispositivi wearable, dati sanitari digitalizzati: la digital health ha subito una notevole accelerazione negli ultimi anni, proponendo nuove soluzioni per medici e pazienti. Ma come vengono usati questi strumenti da chi ha ricevuto una diagnosi di tumore? A rispondere a questa domanda è la prima indagine italiana condotta su una specifica comunità di pazienti. L'indagine ‘Conoscenza, uso e attitudine verso gli strumenti di Digital Health tra i pazienti oncologici' è stata coordinata da Eugenio Santoro, Responsabile del Laboratorio di Informatica Medica dell'IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, e svolta in collaborazione con Aimac - Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici, grazie al contributo di Gilead. Alcuni dei principali risultati emersi sono stati presentati in occasione della Cerimonia di Premiazione dell'Edizione 2019 di Fellowship e Community Award Program, i 2 bandi di concorso che da 9 anni Gilead Sciences promuove in Italia nell'ambito delle malattie infettive, epatiche e oncoematologiche. L'indagine. Una survey online composta da circa 40 domande è stata inviata ai pazienti oncologici afferenti ad Aimac. I dati sono stati raccolti tra luglio e settembre 2019, in maniera anonima e nel rispetto delle norme sulla privacy. In tutto, 537 persone hanno compilato integralmente il questionario; circa la metà del campione è rappresentata da donne con una diagnosi di tumore al seno.  Tre i principali obiettivi dello studio: analizzare come i pazienti oncologici utilizzano Internet e i social network per la ricerca di informazioni; comprendere le loro attitudini verso l'innovazione digitale (in particolare app, wearable, internet e social network, strumenti di digitalizzazione dei dati sanitari personali); descrivere gli strumenti tecnologici utilizzati nella comunicazione medico-paziente e la tipologia di contenuti che vengono scambiati. Le fonti online per il paziente oncologico. Internet si conferma una fonte importante di reperimento delle informazioni: è al secondo posto, dopo l'oncologo e prima del medico di famiglia. Se infatti l'oncologo è la fonte principale per l'81% dei pazienti, il Dottor Web è consultato dal 74% di loro. Il noto motore di ricerca Google è lo strumento più gettonato (62%), ma è da segnalare la tendenza a consultare siti “istituzionali”, come quelli delle società scientifiche, delle istituzioni sanitarie e delle associazioni di pazienti (circa 40%), segno della maturità di questa tipologia di pazienti. L'affidabilità percepita delle informazioni trovate è abbastanza elevata per quelle provenienti dai siti web (per il 63%) e dalle community online chiuse (scambio di informazioni “tra pari”, usate per cercare informazioni dal 24% dei pazienti ma affidabili per il 51%), mentre ci si fida poco di quello che si legge sui social media (come Facebook, Twitter e Instagram) o che si vede su YouTube (con percentuali di chi le ritiene affidabili del 20% e del 16%, rispettivamente). Spicca un dato: raramente sono i medici a indirizzare i pazienti sui siti in cui poter approfondire tematiche legate alla loro salute: solo il 5% dei pazienti ha ricevuto questo suggerimento. Cosa si cerca online. Chi ha avuto la diagnosi di tumore cerca online soprattutto informazioni sui sintomi (56%), sui centri di cura e sui medici (50%), sui trattamenti prescritti dall'oncologo (46%) e sugli stili di vita (43%). Solo 2 su 10 interrogano il web riguardo alle cure alternative. Ben 3 pazienti su 4 si dicono in grado di comprendere il significato delle informazioni che trovano, e 3 su 5, poi, condividono queste informazioni con il proprio medico. Ancora poco usate le app per la salute. Non sono molti i pazienti oncologici che usano almeno una app per smartphone: il 32%. Le più in voga sono le app per fruire dei servizi sanitari, come le prenotazioni di visite mediche o esami e l'accesso ai referti (17%) e per tenere traccia dell'attività fisica (16%). Segno che i pazienti oncologici sono tendenzialmente pratici - usano le app che hanno una utilità concreta - e che, probabilmente, sono consapevoli dell'importanza dello stile di vita nella prevenzione delle recidive. Al terzo posto troviamo le app dedicate a dieta e alimentazione (9%). Poco utilizzate, invece, le app per il monitoraggio dei parametri di salute e per migliorare l'aderenza alle cure, complice anche la mancanza di adeguate validazioni scientifiche. Circa 1 su 5 condivide con lo specialista i dati raccolti. Ma, di nuovo, solo il 10% di chi utilizza questi strumenti lo fa su suggerimento del medico o dell'oncologo. Nel complesso, le app per la salute sono ancora poco conosciute e ritenute poco affidabili, ma 8 pazienti su 10 tra coloro che non le usano sarebbero disposti a farlo se il medico o l'oncologo lo suggerisse. Wearable, questi sconosciuti. Solo il 13% dei pazienti intervistati usa un  braccialetto o un orologio intelligente, in particolare per controllare l'attività fisica. Tra coloro che dichiarano di usarli, solo il 7% lo fa dietro il suggerimento del medico o dell'oncologo, mentre circa 1 paziente su 10 condivide con il professionista i dati raccolti. Tra i motivi per cui non vengono usati vi è la scarsa conoscenza della disponibilità di questo tipo di strumenti  o lo scarso interesse nei confronti del loro impiego (da sole queste ragioni rappresentano il 55%). Solo il 3% si preoccupa della protezione e dell'uso dei dati. Anche in questo caso, 8 pazienti su 10 tra coloro che non usano questi strumenti sarebbero disposti a farlo se solo il proprio medico o oncologo lo suggerisse. App e wearable, strumenti utili a prescindere. I pazienti ritengono che App e wearable, a prescindere da quanto vengano effettivamente utilizzati, siano strumenti utili per il coinvolgimento del malato nelle scelte che riguardano la propria salute, per capire il proprio stato di salute (76%), per migliorare la comunicazione medico-paziente (65%) e per favorire l'aderenza al trattamento (64%). Tutti vogliono la digitalizzazione dei dati sanitari personali. Quasi tutti i pazienti intervistati (95%) ritengono importante poter fruire di un sistema in grado di archiviare e rendere accessibili al proprietario i dati sanitari, convinti che questo possa favorire la cura e l'assistenza personale e familiare. Questa possibilità è oggi una realtà solo per il 47% del campione. Il medico lo contatto su Whatsapp. I pazienti fanno ampio uso di strumenti tecnologici per comunicare con il proprio medico. E i pazienti oncologici non fanno eccezione, come dimostra l'elevata percentuale (62%) di coloro che usano almeno uno strumento tecnologico per questa attività. Tra i più usati vi sono le email e Whatsapp (53% e 41%, rispettivamente), a cui seguono gli sms (16%). Poco impiegati risultano invece essere i sistemi di comunicazione particolarmente avanzati come Facebook Messanger, Skype e Telegram, e le piattaforme di social media, con percentuali tra l'1% e il 3%. Cosa condividono? Soprattutto referti (52%), richieste di esami, appuntamenti e farmaci (44%) e dati di laboratorio (42%). (MARCO BIONDI)

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