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L'infarto è scritto nel sangue, trovato il suo marcatore

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Cristina Agostini
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Uccide ogni anno circa 70.000 persone in Italia. La malattia coronarica e l'infarto miocardico sono una delle principali cause di morte e disabilità. Ma prevenirlo è possibile non solo adottando stili di vita sani. Un nuovo studio pilota pubblicato sulla prestigiosa rivista Plos One, MiR-423, frutto di una sinergia fra i ricercatori della Sezione di Genetica Medica del Policlinico Tor Vergata di Roma, guidati da Giuseppe Novelli, e di quelli della Sezione di Cardiologia dell'Università e del Policlinico Tor Vergata diretti da Franco Romeo, evidenzia la possibilità di giungere a diagnosi precoci, e quindi prevenire nuovi decessi, grazie all'individuazione di un nuovo biomarcatore genomico, il MiR-423. Leggi anche: Morte improvvisa, quando il cuore smette di battere. Il sintomo che non deve mai essere sottovalutato Come funziona? Ad oggi, nonostante siano stati identificati un certo numero di loci genetici molto poco si sa sul loro preciso contributo. Inoltre è sempre più evidente che ogni paziente ha una propria risposta al trattamento ed alla terapia. In questo contesto, la comprensione delle relazioni tra variabili ambientali e genetiche/epigenetiche potrebbe consentirci di distinguere un paziente da un altro, offrendo l'opportunità di impostare un'analisi personalizzata del profilo del rischio del paziente. Lo studio di Tor Vergata coinvolgente pazienti con malattia coronarica stabile (cioè cronica, senza sviluppo di infarto) e pazienti con malattia coronarica instabile (ovvero con infarto acuto del miocardio) è finalizzato all'identificazione di nuovi varianti epigenetiche da validare come biomarcatori per la stratificazione del rischio e la diagnosi precoce.  

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