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Alexa adesso imita la voce dei defunti? Ecco perché non c'è da scandalizzarsi

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Andrea Scaglia
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Succede così pressoché ogni volta che s' annuncia una qualsivoglia innovazione tecnologia: i commenti partono dal «signora mia, dove andremo a finire» per finire direttamente al «così ci tolgono la nostra stessa umanità». Un po' ciò che accadde quando inventarono la fotografia, con le persone più impressionabili che evitavano di mettersi in posa perché «quel moderno marchingegno ti ruba l'anima». Addirittura. Ora, chi scrive ha una dimestichezza con gli apparecchi più o meno computerizzati quanto un gorilla può averne con l'algebra, e dunque da queste parti non ci si spaccia certo per fanatici né per esperti- e in realtà nemmeno per appassionati fruitori - dell'intelligenza artificiale e di quel che da questa possa nascere. Semplicemente, si cerca di rimettere le cose in una (secondo noi) più ragionevole proporzione. Ora c'è questa sollevazione legata a tal Alexa - questo il nome di quel che, in sostanza, è una centrali na che risponde agli stimoli vocali e innesca questo o quel meccanismo: tipo che entri in casa e dici «Alexa, accendi le luci!» e quelle s' accendono: terribile - e alla nuova funzione che pare stiano studiando: replicare le voci umane, e dunque- all'occorrenza - anche quelle di chi non c'è più (basta fornire all'apparecchio una registrazione vocale, magari ricavata da un vecchio audio o video). E subito in tanti a delineare con un certo orrore la possibilità in effetti più evocativa: la nipotina che ascolta la favola recitata per lei dal nonno ormai defunto.


In effetti, questo sì, fa un po' malinconia rendersi conto che l'uomo ancora si arra batti, con tentativi oltremodo comici, per rincorrere un'irraggiungibile immortalità, quantomeno virtuale. E questo è un fatto. Ma rivestire di significati pseudofilosofici quest' invenzione certo inizialmente impressionante ma, alla fine, un po' stile vecchio Portobello, pare troppo. Trattasi di elettrodomestico, né più né meno. E come tale sarà vissuto, una volta evaporato lo sconcerto della novità. Ricordate l'epoca pare mille anni fa - in cui cominciarono a circolare i telefonini? In quanti di noi affermarono, con tono che non concedeva possibilità di replica: «Io non lo prenderò mai»? Ecco, guardate come siamo finiti. Finirà proprio in questo modo: fra dieci o vent' anni il "replicatore di voci" rappresenterà un elemento di normalità, come oggi sono le foto e i video. E dunque anche i bambini - perché questo è il terrore: che i bambini o chi per essi vengano in qualche modo "ingannati" e spinti a vivere come una reale interazione umana quella che invece non lo è- anche i bambini, dicevamo, la considereranno come qualcosa di banale, quotidiano, senza caricarlo di significati più o meno reconditi: esattamente come succede oggi a quei piccoli che maneggiano uno smartphone senz' alcun imbarazzo né retropensiero, come fosse la cosa più normale del mondo. Certo, però, che risentire la voce di un proprio caro che non c'è più rappresenta un'emozione davvero profonda. Ma la meraviglia di sentirlo leggere qualcosa anche se lui in realtà non c'è più, può durare solo lo spazio di qualche sillaba. Per poi esaurirsi, inesorabilmente, alla prima domanda senza risposta. 

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