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Covid, la reinfezione fa schizzare il rischio-morte: la drammatica scoperta

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L'infezione da virus Sars-Cov-2 può aumentare il rischio di gravi problemi di salute (insufficienza d’organo) e di morte. Non solo, ogni infezione successiva accresce questo rischio. A dirlo è uno studio statunitense condotto dal Dipartimento di Medicina alla Washington University School of Medicine di Saint Louis, pubblicato su Nature, una delle più autorevoli riviste scientifiche del mondo. La ricerca dimostra che chi si infetta tre volte rischia più di chi si è infettato due, che a sua volta ha maggiori probabilità di andare incontro a problemi conseguenti al Covid-19 rispetto a chi ce l’ha avuto una volta o nessuna.

 

 

I ricercatori sono arrivati a questa conclusione dopo aver analizzato il database sanitario nazionale del Dipartimento degli Affari dei Veterani degli Stati Uniti, che fornisce assistenza sanitaria ai militari del Paese. I dati presi in considerazione si riferivano a un ampio arco temporale che andava da marzo 2020 ad aprile 2022 e riguardavano oltre cinque milioni di persone divise in tre gruppi: il primo, composto da 443.588 soggetti che avevano contratto il Covid solo una volta; il secondo, di cui facevano parte 40.947 individui che si erano infettati due o più volte e, infine, il terzo con 5.334.729 persone che non erano mai entrate in contatto con il virus. In particolare, è stato osservato un rischio 3,5 volte maggiore di sviluppare problemi polmonari, 3 volte maggiore di soffrire di problemi cardiaci e 1,6 volte maggiore di soffrire di problemi cerebrali rispetto a chi ha contratto l’infezione una sola volta.

 

 

"Negli ultimi mesi si è diffusa un’aria di invincibilità tra le persone che hanno avuto il Covid o tra i vaccinati, e soprattutto tra le persone che hanno avuto l’infezione e fatto anche il vaccino; alcuni hanno iniziato a riferirsi a questi individui come se avessero una sorta di super immunità al virus” - tuttavia - “la nostra ricerca dimostra che contrarre il virus una seconda, terza o quarta volta contribuisce ad aumentare i rischi per la salute nella fase acuta, ovvero i primi 30 giorni dopo l’infezione, e nei mesi successivi, ovvero nel long Covid”: questo il commento di Ziyad Al-Aly, epidemiologo clinico all’Università di Washington che ha coordinato la ricerca. Secondo lo studio, infatti, i rischi erano evidenti indipendentemente dallo stato vaccinale ed erano più pronunciati nella fase acuta, ma persistevano nella fase post-acuta fino a sei mesi.

"La prevenzione dell’infezione e della reinfezione da Sars-Cov-2 dovrebbe continuare a essere l’obiettivo della politica di sanità pubblica", ha dichiarato nei commenti conclusivi il coordinatore dello studio. Ecco perché, insomma, la protezione rimane l'arma più efficace per prevenire la trasmissione del virus, ancora oggi, nonostante i contagi siano in calo sia in Italia che in tutto il mondo e i sintomi siano più lievi. 

 

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