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Bugie, mentire è un arte: ecco le migliori tecniche per ingannare

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Daniela Mastromattei
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«Ci sono persone così dipendenti dall'esagerazione che non possono dire la verità senza mentire», sosteneva l'umorista americano Josh Billings, particolarmente sensibile all'arte dell'inganno tanto da suggerire: se non sai fingere, imbrogliare e rubare, rivolgi la tua attenzione alla politica e impara.

Poiché «un buon politico è chi sa mentire, un grande politico chi finisce col credere alle proprie menzogne», direbbe Roberto Gervaso. In fondo che sarà mai una piccola inesattezza, anzi, talvolta ci risparmia tonnellate di spiegazioni, parafrasando lo scrittore inglese Hector Hugh Munro. La verità è che «la società può esistere solo su una base di cortesi bugie e a patto che nessuno dica esattamente quello che pensa», per usare le parole di Lin Yutang, autore dell'Importanza di vivere. Siamo in un mondo in cui non sempre sono ben viste le idee che si discostano da quelle della maggioranza. Ecco perché la (sopravvalutata) sincerità oggi rischia di finire nel frullatore di una società pronta a criticare e deridere chi la pensa diversamente, chi non si allinea al pensiero comune. Una società che spinge a essere tutti un po' pinocchi, sudditi ideali e contenti di vivacchiare, portati a credere che proprio nella passività, che spesso coincide con la finzione, possano dare il meglio di sé. E allora perché rischiare l'isolamento, e non solo, per urlare: «Il re è nudo».

LA PREDISPOSIZIONE
In fondo si è predisposti alla menzogna. Si comincia a mentire intorno ai quattro anni, dicono gli esperti, anche se i più svegli iniziano a "imbrogliare" ancor prima, perché sviluppano in anticipo «la capacità di attribuire agli altri e a se stessi stati mentali oltre che intenzioni, conoscenze e desideri». Nell'apprendere l'arte dell'inganno i bambini migliorano i processi mentali di ordine superiore, che sovrintendono ai comportamenti pianificati, orientati all'obiettivo ed efficaci. Insomma, si comincia a raccontare bugie appena si percepisce lo stato mentale della persona a cui sono dirette. All'inizio i piccoli nascondono il loro comportamento, nel tentativo di evitare conseguenze negative. Tuttavia, la capacità complessiva di ingannare gli altri «rappresenta un passo fondamentale nello sviluppo cognitivo e morale». I bimbi non mentirebbero solo nel proprio interesse, ma anche per altruismo. Crescendo, spiega la psicologa Mareike Heinrich che collabora con il Centro di ricerca sullo sviluppo cognitivo e culturale dell'Università di Amburgo, «i bambini tengono maggiormente in considerazione i sentimenti e i bisogni dei loro simili. Si prendono le colpe oppure mentono per non ferire i sentimenti degli altri, o per essere gentili. In questo modo sfruttano la bugia come strategia per agire sui rapporti sociali».

Quando il nipotino riceve dal nonno un regalo costoso che non è esattamente il gioco della Playstation tanto desiderato, sarebbe scortese non mostrare un minimo di felicità. «Le bugie prosociali si possono considerare un meccanismo adattivo grazie al quale i bambini apprendono importanti regole sociali della comunicazione interpersonale», aggiunge la Heinrich. E crescendo le tecniche si affinano nella società dove «mente chi pensa una cosa e afferma con le parole o con qualunque mezzo di espressione qualcosa di diverso», come asseriva Sant'Agostino spiegando che la falsità dipende dall'intenzione, dal pensare una cosa e dirne un'altra. E dunque raccontare una "balla" essendo convinti che la ricostruzione storica sia quella giusta è sì una bugia ma non è da bugiardi. A giustificare e sollecitare falsità ci ha pensato invece lo spregiudicato Niccolò Machiavelli con la sua sintesi lapidaria: «Il fine giustifica i mezzi». Un monito che vantano spesso e volentieri uomini (e donne) al comando. «Si mente per molte ragioni» dice la psicoterapeuta Emma Cosma «per difesa, per paura, per insicurezza. Di sicuro il bugiardo con esperienza ha in genere molto self control, in particolare non si tradisce dal comportamento del corpo e dunque guarda fisso negli occhi l'interlocutore, appare rilassato, tiene sotto controllo le mani, usa lo stesso tono di voce per tutta la conversazione e non sorride troppo».

IL FASCINO DELLA FALSITÀ
Ma si raccontano frottole anche quando la menzogna è più bella, più affascinante, più comoda o più conveniente della realtà. E allora sì che bisogna essere convincenti. Il pinocchio di turno ostenta una vita perfetta, si presenta come un vincente (ma fa fatica ad apparire empatico). Mostra sicurezza, e si sente ricco di immaginazione e intelligenza, e spesso un filo (anche più di uno) sopra agli altri. Facile quando si è abituati a "recitare" e si è costruita una vita sulle fandonie. Un'abilità quella del contaballe che si apprende in fretta (se proprio ci tenete) con qualche tecnica. All'inizio, spiegano i bugiardi di professione, restate quanto più possibile aderenti alla realtà, mentendo solo su aspetti marginali che si confondono con la verità che ci costruite intorno. E se vivete nel terrore di essere scoperti, allora non vi resta che affidarvi alla tecnica del suggerimento mentale, ossia autoconvincetevi che la bugia che raccontate non è una bugia, ma la verità (somiglia molto allo stile adottato in tempo di pandemia per rifilarci "balle"... quante ne abbiamo sentite...). Poi, concludono gli esperti, «ripetete nella vostra testa più volte la storia inventata, immaginando ogni scena, e infine ditevi che è accaduta veramente». Sarete in grado di affondare la verità in un mare di falsità fino al punto che il vostro cervello si confonderà e non farà più distinzione fra realtà e finzione (buon divertimento). Così vengono istruiti anche certi venditori... Lo scrittore Albert Camus nel suo libro La Caduta (uscito nel 1956) divideva gli esseri umani in tre categorie: quelli che preferiscono non avere niente da nascondere piuttosto che essere obbligati a mentire, quelli che preferiscono mentire che non aver niente da nascondere e gli ultimi quelli che amano sia mentire sia nascondere. E voi a quale appartenete?

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