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I Pink Floyd fanno bene all'umore. Bocciati i Rem

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Una ricerca della Caledonian University di Glasgow sta selezionando i brani a seconda del loro impatto sulle nostre emozioni

carlotta mariani
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“Dea musica” era il titolo di una canzone di Piero Pelù del 2004. Che la musica faccia bene ce ne rendiamo conto ogni giorno. Ora lo sostiene anche uno studio della Caledonian University di Glasgow che ha lanciato un progetto triennale di musicoterapia, finanziato dall' Engineering and Physical Sciences Research Council. L'iniziativa doveva selezionare le canzoni che facevano meglio alla salute, soprattutto a quella di chi soffre di disturbi di depressione. "L'impatto di un brano musicale su una persona - spiega il coordinatore del progetto, Don Knox - va oltre quello che si pensa, tanto che un tempo veloce può risollevare l'umore mentre uno lento buttarlo giù". I ricercatori consigliano “I Will Survive” di Gloria Gaynor per iniziare bene la giornata. Promosso anche Louis Armstrong con la sua What a Wonderful World e i Pink Floyd con Comfortably Numb. Da evitare Cigarettes and Alcohol degli Oasis, Everybody Hurts dei Rem e Cardiac Arrest dei Madness. Molti fattori musicali possono influenza il nostro umore. “Bisogna considerare la tonalità, la struttura e altre caratteristiche tecniche di un brano - spiega Knox – anche il testo di una canzone può avere un grosso impatto”. Lo studio si basa sulle risposte date da volontari. A ognuno viene chiesto di ascoltare un pezzo nuovo di musica contemporanea e di segnare su un grafico il sentimento espresso (positivo o negativo) e l'intensità del brano. Il gruppo di ricerca poi si concentrerà sulle parole delle canzoni. Obiettivo finale è la creazione di un modello matematico che spieghi la capacità della musica di esprimere certe sensazioni. In base a questo, tra qualche anno si potranno costruire software in grado di suggerire la compilation giusta a seconda del momento e dei bisogni emozionali del soggetto. In campo medico, i brani selezionati potrebbero anche avere un ruolo importante nelle terapie del dolore. Il coordinatore della ricerca sottolinea che già alcuni negozi online di musica catalogano i brani come ‘felici' o ‘tristi'. “Il nostro progetto migliorerà questo approccio e gli darà una base scientifica, svelando nuove possibilità e opportunità”.

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