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Supermercati, i cibi "naturali" con additivi di laboratorio: la lista degli alimenti "incriminati"

Attilio Barbieri
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Di alimenti «naturali» o «nostrani» abbondano i banconi dei punti vendita. Si tratti di un pollo oppure di un preparato per brodo, l'obiettivo del produttore è chiaro: trasmettere ai consumatori la sensazione che il cibo destinato a finire sulle loro tavole sia esente da additivi, eccipienti e conservanti.

Peccato che si tratti di denominazioni di vendita inesistenti. Non esiste alcuna norma europea- l'etichettatura degli alimenti è affare di pertinenza esclusiva della Ue che stabilisca le caratteristiche di un cibo presentato come «naturale» o «nostrano». E a rigor di diritto (comunitario) si tratta di classificazioni inutilizzabili perché quanto non è esplicitamente previsto dai regolamenti europei è implicitamente vietato. Valga per tutti il caso dell'olio d'oliva (non l'extravergine) che non può riportare in etichetta l'origine perché non è previsto da alcun regolamento comunitario.

 

Eppure i cibi «naturali» non mancano. Una falla clamorosa nel sistema di europeo di cui mi sono già occupato su Spesa Libera. Di nuovo c'è che la Commissione Ue sta lavorando a una nuova direttiva in materia di etichettatura alimentare, inclusa quella dei prodotti a denominazione d'origine: Dop, Igp ed Stg. Ma come sempre accade in questi casi, i nostri politici sono «distratti». Salvo accorgersi delle novità (fregature incluse) a cose fatte e gridare allo scandalo quando è tardi per intervenire.

PROCESSI CHIMICI
A far scattare l'allarme è la Safe, organizzazione non governativa con sede a Bruxelles che da anni segue proprio questo aspetto del mercato alimentare. «La crescente consapevolezza del consumo di alimenti sani», scrive la Safe in una nota, «ha fatto aumentare il numero di prodotti alimentari etichettati con indicazioni ecologiche, come 100% naturale. Ma non tutti sono veramente naturali: molti ingredienti sembrano naturali ma sono ottenuti con processi chimici. Il problema è legato alla mancanza di un obbligo di etichettatura specifico che permetta di distinguere tra ingredienti sintetici e naturali».

 

Purtroppo è tutto in regola con le disposizioni vigenti. «Esistono diversi casi di sostanze sintetiche che possono essere legalmente commercializzate come naturali, anche quando sono prodotte con un processo chimico», chiarisce il vicedirettore della Safe Luigi Tozzi, «ad esempio, la zeaxantina, un carotenoide, e la melatonina, che sono sostanze naturali, sono presenti nella maggior parte degli integratori alimentari con versioni sintetiche. Un altro caso è quello dei nitrati. Per ridurre la quantità di nitrati sintetici, alcune industrie della carne utilizzano quelli derivati dagli spinaci e spesso scrivono sull'etichetta "senza additivi", confondendo i consumatori».

Un ulteriore caso che meriterebbe attenzione è quello delle sostanze naturali prodotte però con procedimenti biotecnologici. «Come nel caso dell'acido citrico», spiega Roberto Pinton, tecnologo alimentare ed esperto di normativa agroalimentare, «si ricava dai limoni ma è più semplice e più economico produrlo utilizzando colture di lieviti modificati geneticamente. In questo modo si producono attualmente molte sostanze, come vitamine o altre sostanze organiche utilizzate negli alimenti. Come dobbiamo considerare questo acido citrico? Naturale oppure no?». E, soprattutto, come etichettare gli alimenti che lo contengono?

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