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Caffè? Quando va bevuto e cosa si rischia

di Paola Natalimartedì 16 dicembre 2025
Caffè? Quando va bevuto e cosa si rischia

3' di lettura

Il caffè , una bevanda che è un rito per gli italiani  e che accompagna le giornate con una naturalezza quasi scontata. È il primo gesto del mattino, la pausa condivisa al lavoro, il finale immancabile di un pranzo. Eppure, dietro quella tazzina, si nasconde una delle bevande più studiate dalla medicina moderna. Negli ultimi anni la scienza ha smesso di guardare al caffè con sospetto e ha iniziato a raccontarne benefici e limiti.

Il segreto del suo successo sta soprattutto nella caffeina, una sostanza capace di stimolare il sistema nervoso centrale, migliorare l’attenzione e ridurre la sensazione di fatica. Non è solo un effetto percepito: grandi studi pubblicati su riviste scientifiche internazionali come The Lancet e The New England Journal of Medicine hanno osservato che un consumo regolare e moderato di caffè è associato a migliori funzioni cognitive e a una maggiore vigilanza. Ma la caffeina non è l’unica protagonista. Il caffè contiene numerosi antiossidanti naturali che aiutano a contrastare l’infiammazione e lo stress ossidativo, processi coinvolti nell’invecchiamento e nello sviluppo di molte malattie croniche.

Proprio grazie a queste sostanze, la ricerca ha evidenziato come chi beve caffè con moderazione abbia, in media, un rischio più basso di sviluppare diabete di tipo 2, alcune malattie del fegato e disturbi neurodegenerativi come il Parkinson. Non si tratta di effetti miracolosi, ma di associazioni solide, osservate su grandi numeri e popolazioni diverse, che hanno contribuito a cambiare la percezione del caffè anche in ambito medico.

Come spesso accade, però, il punto di equilibrio è fondamentale. Se in quantità moderate il caffè può essere un alleato, un consumo eccessivo rischia di trasformarne i benefici in disturbi. Troppa caffeina può provocare nervosismo, ansia, palpitazioni, aumento della pressione arteriosa e difficoltà a dormire. Anche chi pensa di “reggere bene” il caffè può subire un peggioramento della qualità del sonno, soprattutto se la tazzina arriva nel tardo pomeriggio o alla sera. Sul piano digestivo, inoltre, il caffè può accentuare problemi come gastrite e reflusso, soprattutto nei soggetti predisposti.

Non tutti, infatti, reagiscono allo stesso modo. Le linee guida delle principali istituzioni sanitarie invitano alla cautela in alcune situazioni: in gravidanza, quando la caffeina attraversa la placenta; in presenza di ipertensione non controllata, disturbi d’ansia, insonnia o problemi gastrointestinali importanti. In questi casi non sempre è necessario rinunciare del tutto al caffè, ma ridurne il consumo o orientarsi verso il decaffeinato può essere una scelta sensata.

Ma qual è, allora, la quantità giusta? Su questo punto la scienza è piuttosto chiara. Secondo l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per un adulto sano una dose fino a 300 milligrammi di caffeina al giorno è considerata sicura.  Superare abitualmente queste soglie non porta benefici aggiuntivi e aumenta la probabilità di effetti indesiderati.

Alla fine, il caffè racconta molto del nostro stile di vita è un piacere quotidiano che, se vissuto con consapevolezza e moderazione, può trovare spazio all’interno di una dieta equilibrata e persino offrire qualche vantaggio per la salute. Come spesso accade, il segreto non sta nel rinunciare, ma nel saper dosare. Una tazzina alla volta.