"Forza Italia piena di serpi, ho chiuso con la politica ma voto...", Iva Zanicchi, sfogo amarissimo
Iva Zanicchi è molte cose. Mamma, moglie, cantante, presentatrice televisiva, attrice di fiction, attrice di teatro, modella di Playboy, vincitrice di tre Sanremo, eurodeputata, nonna, fan di Berlusconi, scrittrice. Più o meno in questo ordine. A metà dell'intervista, dopo che le canta e suona ai pezzi grossi del suo ex partito, Forza Italia, dice con un senso di liberazione: «Ah, come mi sono sfogata, ci voleva». Dopo due mandati europei e una mancata elezione nel 2014, giura di aver chiuso con la politica. Settantasei anni compiuti la scorsa settimana, è ancora una forza della natura, combattiva, ha voglia di lavorare, gira i teatri con uno spettacolo tutto al femminile, non la spaventa niente e nessuno. Nemmeno l'influenza: «Non mi sono fermata nemmeno con tre mesi di fuoco di Sant' Antonio», racconta, «che ho preso in una forma gravissima: sono andata a teatro tutta imbottita di farmaci, non mi ricordo nulla. C'era l'ambulanza davanti al Teatro Nuovo a Milano. La colpa pare fosse lo stress». Iva, la possiamo ancora chiamare «Aquila di Ligonchio»? «Lo so, lo so, la riforma ha cancellato Ligonchio e altri 40 comuni sotto i duemila abitanti. Adesso dovrei chiamarmi “Aquila di Ventasso”. Ma non ci penso proprio. Tutta colpa di Renzi (dice ridendo), ma sinceramente non ci vedo tutto questo risparmio. Le province ci sono ancora, no? E le regioni pure. Tutte lì». A parte questo, Renzi le piace? «Renzi è agevolato rispetto a Berlusconi. Ha un vantaggio su Silvio: questo è un Paese in cui la destra non può governare perché avrebbe tutti contro: la piazza, l'opposizione. La sinistra all'opposizione dice no a tutto. Renzi è comunista come me, ossia zero. Ma è giusto che governi la sinistra sennò è il caos». Perché Berlusconi non fa opposizione? «Chi lo conosce sa che è un uomo del fare: se la sinistra fa una cosa buona, lui di certo non si oppone. Quindi la sinistra fa cose buone? «Renzi ha serpi in seno, parlo dei vecchi comunisti. Comunque sì, lo ammetto, mi piace: ha grinta, voglia». Con Berlusconi come si è lasciata? «Bene. L'ho stimato. Uso il passato perché non ho rapporti. Gli voglio Gli sarò fedele fino alla morte anche se non se lo meriterebbero. Mi riferisco al “contorno” di Forza Italia, non a lui. Non mi hanno trattato bene, con la politica ho chiuso». Parla di Toti, Gelmini e della seconda linea di Forza Italia? «Sì. Le racconto questo episodio di due anni fa. Eravamo davanti ai cancelli di Arcore. C'erano migliaia di persone che aspettavano il Presidente ma lui non poteva uscire, non poteva parlare perché aspettava una sentenza. La gente fremeva. C'erano i “papaveroni del partito”, Toti, la Gelmini. D'istinto, senza autorizzazione, lo ammetto, per tenere buona la gente sono salita sul palco. Non ho fatto un discorso politico, ho parlato del più e del meno. Bene, una signora di Forza Italia, non faccio nomi, ha riferito a Berlusconi: “Presidente, è meglio che esca perché la Zanicchi sta facendo Ok il prezzo è giusto”. E lui: “Non parlate male di Iva”». E lei se l'è legata al dito. «Non solo per questo episodio. La politica è il regno della gelosia e dell'invidia. Eppure sono stata eletta con una campagna elettorale molto più economica di tanti altri, con 15mila euro ho preso 31mila voti». Chiamare personaggi della tv in politica è un classico. Adesso corteggiano Paolo Del Debbio come sindaco di Milano. Cosa ne pensa? «Non lo conosco bene, non so lo desidera. Sa, il potere vero arriva dalla tv. A Milano metterei una donna. Io sarei un ottimo sindaco ma non lo farei nemmeno se mi venissero a prendere con una carrozza d'oro. La Santanché sarebbe perfetta a Palazzo Marino. Ha le palle. Ma adesso basta, non voglio più parlare di politica. Ma a Silvio voglio bene». Nel libro che sta scrivendo per Mondadori non parlerà di politica? «Di politica solo un capitolo, l'ultimo. In modo leggero e ironico, parlo dei miei viaggi quando ero in Commissione Sviluppo all'Europarlamento. Parlerò della mia infanzia, del mio paese, di mia mamma e dei miei fratelli. Ho riletto il capitolo sulla cresima e sulla comunione e mi sono commossa. Parlo degli esordi del mio lavoro, dei miei incontri con Picasso, Ungaretti, Chaplin, la Tebaldi, delle tournée, ma non mi autocelebro». E dei suoi famosissimi corteggiatori? «Alcuni veri, altri fasulli». Enzo Ferrari? «Fasullo». Richard Burton? «Vero. Mi voleva portare a Londra. Lo conobbi in un hotel di Palermo dove stava girando un film con la Loren. Mi voleva portare a Londra, ma avevo una bambina piccola e un marito. Rifiutai. Ma ero lusingata. Vede, io mi innamoravo dei batteristi, dei chitarristi, non dei potenti. Le mie sbandate erano per i morti di fame!». Fu infedele al suo primo marito, Antonio Ansoldi, direttore artistico della Ri-Fi. «Sì, non sono mai stata Maria Goretti. Non riesco a mentire. Era la fine della nostra storia. Non era più possibile andare avanti, mi ero innamorata. Consiglio a tutti i traditori: negare sempre, anche l'evidenza». A teatro, in Tre donne in cerca di guai, che porta in giro con sucesso in tutta Italia, invece è una moglie tradita. Le è mai capitato di essere la «vittima»? «Direi di no. Ho un compagno da 30 anni, Fausto, e lui giura di non essere mai stato con altre: io gli credo. Appena lo vedo interessato a a qualcuna, prima ancora che lui lo sappia, glielo dico io: “Occhio con quella…”. Gli taglio le corna sul nascere. E lui ride». Tante sue canzoni parlano di sesso. «Non è vero. Il sesso è più presente nelle canzoni di Mina, Vanoni, Patti Pravo. Io ho sempre cantato i sentimenti, il sociale, la guerra, la morte. L'unica mia canzone che davvero parla di sesso era Ti voglio senza amore che portai nel 2009 a Sanremo. Prima della mia esibizione era il turno dell'intervento comico di Roberto Benigni che mi massacrò, mi prese in giro in modo volgare. Ero arrabbiatissima, soprattutto con il conduttore Paolo Bonolis che aveva permesso quell'episodio. Mi offesi come donna e come madre. Il giorno dopo, ricevetti una lettera di solidarietà che non mi aspettavo». Da chi? «Da Francesco Cossiga. Mi scrisse come padre, fui colpita, un bel gesto». Un pochino è offesa anche con Carlo Conti che non la invita a Sanremo come super ospite? «Un po' sì. È un amico, insieme abbiamo condotto Domenica in». Quando si faceva ipnotizzare da Giucas Casella. Ma era tutto vero? «Ma secondo lei è tutto vero? Mi sono prestata. Non metto in dubbio le doti magiche di Giucas Casella, non si deve offendere, ma non è che può fare un'ipnosi in due minuti. Una volta mi ha “addormentato” di colpo e mi sono messa a dire cose strane e a parlare di sesso. Secondo lei era tutto vero? Tornando a Sanremo, in fondo sono ancora l'unica che ha vinto tre Festival. Ma forse è meglio non andare, penso di avere ancora addosso l'alone della donna di destra, dell'artista berlusconiana. E Sanremo è un covo della sinistra, più che Festival della canzone è un Festival dell'Unità». Anche con Conti? «Con Conti meno, lui è più popolare, negli anni passati di più. In generale lo spettacolo è dominato dalla sinistra». E la Rai? «È un carrozzone in cui comandano i manager, due o tre che fanno il buono e il cattivo tempo. I dirigenti non contano nulla, prendono solo lo stipendio». Ma rifarebbe la tv? «Sì. Ho proposto un'idea a Mediaset ma non mi hanno risposto, una cosa “alla Arbore”, che resta il più grande uomo di televisione. Lo scorso anno mi offrironol'Isola dei famosi ma non scherziamo: secondo lei mi metto in tanga?». Negli anni Ottanta accantonò la la musica perché la tv pagava di più? «A Berlusconi ho dato tanto ma ho anche ricevuto, non mi posso lamentare. Con la musica ero in crisi, mi hanno fatto fare un disco “dance” che era orribile. Mi ero offesa perché avevano scritto un brano in inglese, io cantavo e mi avevano camuffato la voce, volevano buttarlo nel mercato con un nome diverso dal mio. Sono permalosa, lo ha notato? Allora pensai di fermarmi un anno. Ne passarono 14». Iva, chi è la sua erede? «Non c'è. Mi trovi una che balla, canta e recita. Nessuna mi imita, imitano tutte Mina, ci troviamo con mille Mine. Ma meglio così. Di Iva ce n'è solo una». Alessandra Menzani