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Striscia, scivolone da 25 aprile. La frase da brivido di Ballantini-Salvini su Meloni e Bertolaso

Giulio Bucchi
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È un Dario Ballantini scatenato quello andato in onda nella puntata di Striscia La Notizia di lunedì 25 aprile. Il comico e imitatore livornese è una vecchia (e apprezzatissima) icona televisiva perché le sue performance, irriverenti e mai volgari, raccontano la politica e lo spettacolo del nostro Paese ormai da anni. Tuttavia, proprio nel giorno della Liberazione, nei panni di Matteo Salvini, Ballantini ha fatto un inaspettato scivolone. E non parliamo del "negher" rivolto a gente di colore (battutaccia che comunque gioca sullo stereotipo del leghista-razzista), ma di quel "Bertolaso te lo mando a piazzale Loreto" rivolto, in una telefonata simulata, a Giorgia Meloni (qui il video integrale). Forse, leggendoci l'artista storcerà il naso e penserà che chi scrive se la sia presa per niente. Ma non è la satira a disturbare, anzi! Ben venga, pure quando è tagliente. Il riferimento al luogo dell'esposizione pubblica dei cadaveri di Mussolini, della Petacci e dei gerarchi lascia, però, l'amaro in bocca. Piazzale Loreto è davvero una pagina di Storia patria sulla quale poter ridere? No e vi spieghiamo il perché. Fra i primi a documentare la folla che inveisce sui morti, appesi come prosciutti alla pompa di benzina, c'è un cameraman d'eccezione don Giuseppe Pollarolo, prete-partigiano. La bobina immortala livore, rabbia ma anche memoria corta di un Popolo che, cinque anni prima, era partito per la guerra con la certezza di riconquistare l'impero di Roma. Poi, il cibo che scarseggia, la benzina che raggiunge prezzi esponenziali e le bombe: da legionari dell'antichità, gli italiani si auto convincono di essere vittime della sorte... e del fascismo. Certo, mentre sputacchiano la salma del Duce hanno già rimosso i crimini commessi in Slovenia e in Montenegro agli ordini di Alessandro Pirzio Biroli e di Mario Roatta; hanno sbiadito i ricordi della camicia nera, indossata e ostentata con orgoglio per oltre due decenni. I commercianti, poi, hanno fatto presto a scordarsi la fierezza con la quale affiggevano il cartello “negozio ariano” fuori dalla propria bottega e, altrettanto velocemente, i nuovi pacifisti si sono adoperati nel fare tabula rasa dagli annali e dai libri di storia delle pagine eroiche di Nikoaljewka e di El Alamein. Eppure, quel furore cieco (e smemorato) è da 70 anni l'icona della nostra Liberazione. Indirettamente, le immagini di don Pollarolo ci dicono che, morto il tiranno, l'hard disk delle complicità e delle responsabilità subisce un reset e che la "nuova Italia" sarà costruita sulla rimozione delle colpe collettive. Una "furberia" ben ingegnata, ma del tutto inutile: infatti, alla firma dei Trattati di Pace di Parigi, sedemmo fra le nazioni battute con clausole durissime, che né l'impegno nella Resistenza, né quello nel Corpo Italiano di Liberazione attenuarono. Questo è stato piazzale Loreto: un momento cupo della Storia italiana nel quale, a settantuno anni di distanza, è plausibile dire che i morti abbiano mostrato più dignità dei vivi. Ecco, adesso e da quest'ottica si può sorridere alla battuta del comico livornese. di Marco Petrelli @Marco_Petrelli

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