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Sergio Marchionne, Sebastian Vettel in Ferrari e l'unico traguardo mancato: il titolo in Formula 1

Davide Locano
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La vittoria nel Campionato del Mondo di Formula 1 è il grande traguardo mancato da Sergio Marchionne. Eppure non ha lesinato investimenti ed energia per raggiungerlo. Fin dall'autunno del 2014 quando era arrivato a Maranello al termine di una stagione più che deludente (appena due podi con Alonso). Aveva preso il posto di Montezemolo che in Ferrari aveva contribuito al mito: Lauda prima e Schumacher dopo. Il tocco magico, però, si era appannato. «Una Ferrari vincente in F1 è un punto non negoziabile -aveva dichiarato Marchionne all'insediamento- Vedere auto in settima o dodicesima posizione non interessa nè a me nè alla Ferrari». Aveva affidato la ricostruzione a Maurizio Arrivabene come capo delle operazioni in pista. Lo stesso incarico di Montezemolo ai tempi di Lauda e di Jean Todt con Schumacher. Il colpo da maestro, però, era stato l'ingaggio di Sebastian Vettel. Per avere il quattro volte campione del mondo Marchionne non aveva badato a spese. Quaranta milioni l'anno. Più dei trenta che la Juve pagherà a Ronaldo. Una missione comune per i due fuoriclasse. Tutto «made in Torino». Il pilota doveva riportare in Italia il titolo mondiale che manca dal 2008. Il calciatore deve fare lo stesso con la Coppa europea (che però a Torino non c'è mai stata). Leggi anche: Marchionne e quel tesoro da 700 milioni di euro Marchionne credeva molto nella Formula 1. Alla capacità di mobilitare milioni di spettatori e al richiamo della tecnologia. Era un appassionato che comprava le Ferrari con i suoi soldi ma, soprattutto un uomo di business. Non a caso ha giocato il rilancio del marchio Alfa Romeo sulle piste dei gran premi (con risultati non esaltanti, ma è la prima stagione). Non a caso ha litigato con i nuovi padroni del circus. Gli americani di Liberty Media che puntano a far diventare le corse più spettacolari e accattivantì per i tifosi a scapito della lavoro dei costruttori. «Di cose tecniche Liberty Media non capisce un tubo, ci lasci lavorare», aveva dichiarato a margine del Salone dell'auto di Ginevra. Screzi e schermaglie che sono andati avanti per diverso tempo con il timore della casa di Maranello di una Formula 1 sul modello dell'Indycar americana dove tutte le auto sono uguali e possono vincere, senza poter fare sviluppo. Per rendere più chiaro il dissenso aveva minacciatro di portare la Ferrari via dalla Formula 1. Un rischio intollerabile per Chase Carey il baffuto (fin troppo vistosamente) capo del circus che ha preso il posto di Bernie Ecclestone. di Nino Sunseri

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