Viterbo, 11 gen. - (Adnkronos) - Le informazioni e le raccomandazioni fornite alla popolazione fanno parte integrante del provvedimento di deroga, e Regioni o Province autonome che se ne avvalgono hanno l'obbligo di fornire adeguata e tempestiva informazione alla popolazione. Cosa che, tranne alcune eccezioni, come quella del comune di Vitorchiano, non è sempre accaduta nel viterbese, dove al 1 gennaio 2013 molti cittadini hanno scoperto che l'acqua del proprio rubinetto non è più potabile, essendo scaduta l'ennesima deroga concessa dalla comunità Europea alla Regione Lazio che fissava a 20 microgrammi per litro il parametro arsenico. Deroghe che si sono susseguite dal 2009 e che dovevano essere utilizzate dalle amministrazioni per risolvere il problema e, contemporaneamente, avvisare la popolazione che l'acqua del rubinetto era potabile 'in deroga', appunto, e non perché rispettosa dei limiti fissati dalla legge. "Quando la Commissione Europea concede delle deroghe alle Regioni, queste dovrebbero utilizzarle per risolvere il problema e contemporaneamente, per informare la popolazione che l'acqua del rubinetto è 'potabile in deroga', cosa che non è stata fatta", spiega all'Adnkronos Serena Bernabei, del dipartimento Tutela Acque Interne e Marine dell'Ispra. "Nel caso del viterbese - aggiunge - i Comuni, la Regione e i gestori non hanno agito in maniera che la popolazione fosse pienamente consapevole, e così l'impressione per molti è che l'acqua non sia più potabile all'improvviso, quando si tratta della stessa acqua che i rubinetti hanno sempre erogato. Il processo di informazione alla popolazione fa parte integrante del processo di deroga". Le prime due deroghe al parametro arsenico concesse all'Italia avevano validità fino al 31 dicembre del 2009. Il 28 ottobre 2010 la Commissione Europea si è espressa sulla proroga richiesta dall'Italia non concedendo ulteriore deroga al parametro arsenico, decisione che ha obbligato lo Stato italiano ad applicare il valore del parametro Arsenico di 10 microgrammi per litro. Il 25 marzo 2011, su richiesta della regione Lazio, è stata concessa dalla Comunità Europea un'ulteriore deroga a 20 microgrammi/litro al parametro Arsenico fino al 31 dicembre 2012. Ora, "secondo le indicazioni fornite dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, sussisteva all'inizio e sussiste tutt'ora un accertato pericolo all'utilizzo di acqua contenete arsenico con valori superiori a 10 microgrammi/litro, spettava alla Regione Lazio il compito di avvisare la popolazione tutta e, in particolar modo, le donne in gravidanza e bambini sotto i 3 anni. L'informazione - specifica la Bermabei - doveva essere fornita, inoltre, sia dal gestore del servizio idrico integrato che dai sindaci dei comuni interessati". In alcuni casi, però, come raccontano all'Adnkronos alcuni cittadini del viterbese, sui limiti per l'arsenico fissati dalla comunità europea è stata condotta una campagna di disinformazione basata sul principio che "quell'acqua la beviamo dai tempi degli etruschi" e quindi non può far male, o che il tipo di arsenico contenuto nell'acqua della Tuscia non sia velenoso. E i manifesti affissi che dovevano in qualche modo avvertire la popolazione sparivano dai muri dei comuni nel giro di poche ore. Insomma, l'impressione è che si sia cercato di tenere basso l'allarme con un'informazione fornita con il contagocce. "Sta di fatto che la legge c'è e va applicata", aggiunge la Bernabei. Eventuali rimostranze, come quella relativa all'effettiva tossicità dell'arsenico, avrebbero potuto essere materiale da approfondire per presentare un eventuale ricorso alla Comunità Europea, cosa che in tutti questi anni non è accaduta. Anche per questo, più che una class action basata sull'impotabilità dell'acqua, come quella organizzata dal Codacons, alcuni cittadini iniziano a valutare la possibilità di una class action contro i sindaci, per mancata informazione alla popolazione.