Roma, 11 gen. (Adnkronos) - Il 21 settembre scorso il Commissario europeo all'energia ha inviato un formale avviso a tutti i Paesi dell'Unione perché dichiarassero ufficialmente lo stato di fatto nell'applicazione della direttiva europea sul risparmio energetico degli edifici pubblici e privati. 19 sono gli Stati che non hanno nemmeno risposto alla richieste e contro di questi potrebbe essere quindi avviata la più grande azione giudiziaria collettiva mai promossa nei confronti di Paesi dell'Unione. Il problema della efficienza energetica degli edifici è cruciale per ottenere una effettiva riduzione delle emissioni di Co2 e centrare gli obiettivi fissati dalla direttiva 20-20-20, che prevede la riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 20% entro il 2020. Un obiettivo che sarà impegnativo centrare visto che gli edifici commerciali e residenziali rappresentano nella Ue il 32% del consumo globale di energia e contribuiscono con più del 30% al totale delle emissioni del vecchio continente. L'Agenzia Internazionale per l'Energia (AIE) prevede che da qui al 2050 la necessità energetica degli edifici raddoppi e questo a causa dell'aumento della popolazione e delle unità immobiliari monofamiliari, un incremento che si rifletterà sulle quantità di emissioni il cui 25%, nel 2010, è stato conseguente al soddisfacimento delle necessità di vita quotidiana delle famiglie. Tuttavia, nonostante il peso rappresentato dalle emissioni degli edifici, questi non sono compresi dai certificati di scambio di emissioni (ETS) della Unione europea, così come avviene, ad esempio, per le emissioni degli aereomobili e degli impianti industriali. Anzi, per gli edifici, l'obiettivo di aumento del risparmio energetico del 20% entro il 2020 è su base volontaria. Secondo funzionari dell'Ambiente a Bruxelles, la applicazione della Energy Performance of Buildings Directive del 2002 (EPBD), consentirà una riduzione delle emissioni del 4-5% sull'obiettivo del 20%, assicurando il raggiungimento di emissioni zero da parte degli edifici pubblici entro il 2019 e di tutti gli edifici privati entro il 2021. Intanto già da mercoledì scorso, la soglia oltre la quale è imposta la certificazione energetica (EPC) per gli edifici privati e pubblici per questi ultimi è stata abbassata da 1000 a 500mq, per arrivare poi a 250mq entro il 2015. Un obiettivo raggiungibile più facilmente solo da quegli edifici che hanno bisogno di importanti lavori di restauro ma che sembra più difficile per quelli di più recente costruzione che non hanno adottato criteri di efficienza. Gli Stati membri della Ue sono tenuti ad attuare una serie di misurazioni e controlli per adeguare le caratteristiche del patrimonio edilizio alle direttive della Commissione, tra tutte la redazione di piani nazionali per la definizione di linee guida per la promozione di un'edilizia ad emissioni zero in vista delle scadenze del 2019 e 2021. Ancora gli Stati dovranno indicare quali politiche di incentivazione finanziaria adotteranno, fissare i livelli minimi di prestazione energetica per tutti gli edifici sottoposti ad importanti lavori di ristrutturazione, istituire controlli sugli impianti di riscaldamento e raffreddamento e stabilire le sanzioni. Tutti i 27 Paesi della Ue hanno indicato quali politiche di incentivi seguiranno ma sono solo 9 quelli che hanno indicato quali passaggi seguiranno per arrivare all'obiettivo di emissioni zero; il gruppo dei virtuosi, tra quali l'Italia non c'è, e costituito da un blocco nord-europeo di cui fanno parte Belgio, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Svezia, Lituania, Regno Unito, Irlanda e Cipro come unico Paese dell'area mediterranea.