Il futuro è la 'Biogeoscienza', no ai confini tra biologia e geologia
Otto le unità operative di 18 università italiane impegnate nel Prin, progetto di ricerca di interesse nazionale finanziato dal ministero dell'Università
Roma, 23 ago. - (Adnkronos) - L'interazione tra biosfera e regno minerale per studiare gli impatti negativi dei minerali; le patologie causate da particelle minerali come asbesto, silice, ceneri vulcaniche o dalla dispersione e trasporto di elementi ecotossici in ambienti minerari; l'uso di minerali per l'immobilizzazione di elementi tossici e della Co2; applicazioni ambientali e biomediche dei minerali. E' la Biogeoscienza, "l'intersezione tra due discipline storiche, paradossalmente un ritorno al passato perché i grandi naturalisti del 700 e dell'800 non conoscevano confini tra biologia e geologia", spiega all'Adnkronos il chimico mineralista Pierfranco Lattanzi, dell'Università di Cagliari, che lavora sulla Biogeoscienza all'interno del Prin - progetto di ricerca di interesse nazionale finanziato dal ministero dell'Università. Capofila del progetto è l'Università di Pavia, otto le unità operative di 18 università italiane sparse in tutta Italia, da Genova a Sassari, e che coinvolgono ricercatori di varia estrazione (mineralisti, geochimici, chimici, fisici, biologi, medici, ingegneri). I primi inediti risultati del progetto Prin, anche sul possibile uso dei minerali per finalità farmacologiche o cosmetiche, saranno presentati a Geoitalia 2013 (Pisa, 16-18 settembre), la manifestazione dedicata alle geoscienze organizzata ogni due anni dalla Federazione Italiana di Scienze della Terra che alla Biogeoscienza dedicherà ben quattro sessioni. "Fino a qualche anno fa - commenta Lattanzi - sarebbe stato impensabile avere per la biogeoscienza tutto questo spazio". Invece oggi, il futuro della geologia e della biologia sembra andare nella direzione del recupero di una "visione integrata dei fenomeni", una visione d'insieme che fa un passo indietro per rimediare alla divaricazione che la tendenza alla specializzazione ha causato tra le due discipline. "Per molti anni - spiega Lattanzi - geologi e biologi hanno preso due strade diverse, ma la tendenza recente è riprendere in mano il legame che esiste tra geologia e biologia, a una scala più avanzata, la cosiddetta 'nano' o 'molecolare', e cioè analizzando i fenomeni su scala cellulare o atomica. Un progresso delle capacità analitiche che oggi ci permette di studiare nel dettaglio l'interfaccia tra mondo biologico e mondo dei minerali e delle rocce, e questo ha rinfocolato studi mai persi ma a lungo considerati di nicchia". Tante le applicazioni della Biogeoscienza, anche nel campo ambientale dove "l'interazione tra geosfera e biosfera è di massima importanza perché tutto ciò che avviene nel suolo, dove c'è componente minerale, interagisce con la componente biologica, cioè piante e microrganismi, dando vira a una serie di reazioni - spiega Lattanzi - Sono proprio i microrganismi, come funghi e batteri, a fare da mediatori in queste reazioni, ad esempio nel trasferimento di mobilità di certi ioni metallici, benefici o tossici per le piante". Un esempio concreto della visione integrata tra biologia e geologia che è alla base della disciplina, è una scoperta che potrebbe avere applicazioni importanti nella tutela ambientale. "In un piccolo fiume che attraversa un'area mineraria della Sardegna, dalle acque fortemente contaminate da metalli pesanti, abbiamo trovato colonie di microrganismi che favoriscono la precipitazione di minerali contenenti zinco e altri metalli, diminuendo in maniera drastica il contenuto di metalli pesanti nell'acqua. Processo che in futuro si potrebbe sfruttare come per il risanamento di acque contaminate, con il vantaggio di essere un metodo naturale non invasivo". Altri gruppi sono affrontano altri aspetti, come le problematiche legate all'asbesto in particolare sulle interazione tra fibre e tessuti.