Roma, 4 set. - (Adnkronos) - Con il decreto 'contro le trivelle' il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato "non fa altro che applicare il nefasto art. 35 della Legge 83/2012 che ha riportato le piattaforme petrolifere sotto le spiagge degli italiani". Cosi' Alessandro Gianni', direttore delle Campagne di Greenpeace Italia, commenta la firma del decreto di riordino delle zone marine aperte alla ricerca e coltivazione di idrocarburi annunciata ieri dal Ministro. "Con questo decreto - dichiara Gianni' - il Governo amplia le aree coinvolte dalle esplorazioni offshore, avvicinandosi alle Baleari e confermando la famigerata estensione verso e oltre l'Isola di Malta: un atto che Greenpeace definisce irresponsabile, contestato ovviamente dai maltesi che, non ha caso, hanno ricominciato quest'estate a sequestrare i pescherecci siciliani". Greenpeace ricorda le decine di istanze di ricerca per giacimenti di petrolio presentate negli scorsi anni in aree oggi "vietate". In Italia il procedimento amministrativo prevede tre fasi: prospezione sismica, trivellazione esplorativa e trivellazione commerciale. La domanda di cui tutti attendono risposta e' se il ministero dello Sviluppo economico e il ministero dell'Ambiente considerano o meno un "diritto acquisito" dei petrolieri quello di realizzare oggi nuove trivellazioni a meno di 12 miglia dalla costa, avendo ottenuto anni fa l'autorizzazione alla prospezione sismica o alla trivellazione esplorativa. "Invece di annunciare nuovi decreti basati su vecchie leggi che gia' in passato hanno creato molti problemi, il Ministro Zanonato farebbe bene a dire chiaro e tondo che tutte le prossime richieste di attivita' di ricerca e sfruttamento di idrocarburi in mare dovranno conformarsi alla legge in vigore", continua Gianni'. Sul tema Greenpeace ha gia' scritto al ministro dell'Ambiente Andrea Orlando, che ha risposto confermando che l'effettuazione di tre separati procedimenti di Valutazione di Impatto Ambientale deriva dalla "configurazione del procedimento principale, autorizzatorio o concessorio, nel quale la procedura di Via si inserisce". "Quindi - aggiunge Greenpeace - delle due l'una: o il 'procedimento principale' al Mise e' costituito da tre fasi distinte e separate, e quindi ogni fase deve rispettare la norma vigente al momento, oppure lo spezzettamento della Via di un procedimento unico costituisce l'ennesima violazione italiana della direttiva 85/337/Cee sulla valutazione dell'impatto ambientale. Greenpeace - conclude Gianni' - attende che qualche petroliere si permetta di richiedere una qualunque autorizzazione ad attivita' in aree non incluse oggi nella "mappa del petrolio" del Ministro Zanonato. Se questo tipo di istanza venisse accolta, chiameremo in tribunale il Miseche ci dovra' spiegare perche' la legge non e' uguale per tutti".




