L'incidente di Fukushima ha acuito la sfiducia nell'energia nucleare

domenica 17 marzo 2013
L'incidente di Fukushima ha acuito la sfiducia nell'energia nucleare
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Roma, 11 mar. - (Adnkronos) - Cittadini europei e nucleare, un rapporto difficile messo ancora più in crisi dall'incidente di Fukushima. L'energia nucleare resta fra le tecnologie più osteggiate e in molti Paesi questa tendenza si è accentuata dopo l'incidente giapponese. In Francia, Germania, Spagna, Svizzera, India, Taiwan e Stati Uniti si sono svolte importanti proteste antinucleari, e nel settembre del 2011 il direttore generale dell'Iea Yukiya Amano ha ammesso che il disastro giapponese ha danneggiato la fiducia nella produzione di energia atomica. Secondo gli analisti della Deutsche Bank, l'impatto globale dell'incidente di Fukushima rappresenta un punto di non ritorno nella percezione pubblica delle fonti energetiche che favorirà gli investimenti nelle rinnovabili. A tracciare un quadro della situazione è "L'atomo diviso. Storia, scienza e politica dell'energia nucleare" (Sironi editore), libro di Giancarlo Sturloni che fa il punto sull'energia nucleare, a due anni dall'incidente di Fukushima. Nel capitolo dedicato a "Sicurezza e percezione pubblica del nucleare", il volume riporta, tra gli altri, il sondaggio commissionato dalla Bbc all'agenzia GlobeScan e condotto nel 2011 in 23 Paesi rilevando un sempre minor supporto allo sviluppo del nucleare civile. Solo il 22% degli intervistati, infatti, pensa che "l'energia nucleare sia relativamente sicura, costituisca una fonte importante di elettricità e che perciò dovremmo costruire più centrali nucleari". Il 39% vorrebbe continuare a sfruttare i reattori esistenti senza però costruirne di nuovi, mentre il 30% preferirebbe che fossero tutti chiusi subito. Inoltre, il 71% degli interpellati vorrebbe che nucleare e carbone fossero rimpiazzati entro vent'anni da solare, eolico e politiche di efficienza energetica. A livello nazionale, i cittadini dei Paesi dotati di centrali atomiche sono sensibilmente meno favorevoli al nucleare rispetto al 2005, con l'eccezione di Gran Bretagna e Stati Uniti, dove non si registrano grandi variazioni e i favorevoli restano rispettivamente il 37% e il 40% del totale. Percentuali analoghe si registrano anche in Cina. Per contro, l'opposizione al nucleare civile è fortemente cresciuta in Germania (dal 73% al 90%), Francia (dal 66% all'83%), Russia (dal 61% all'83%) e Giappone (dal 76% all'84%). Questi risultati sono in buona sostanza concordi con quelli di altre indagini che, come prevedibile, dopo Fukushima hanno evidenziato una crescente diffidenza dell'opinione pubblica verso la produzione di energia nucleare. Qualcosa di simile è successo anche in Italia. Secondo Eurobarometro, nel 2008 gli italiani favorevoli al nucleare erano il 43%, in forte aumento rispetto a tre anni prima, quando si dichiarò a favore solo il 30%. Al referendum del 12-13 giugno 2011, tuttavia, la maggioranza degli italiani si è espressa in modo netto contro il ritorno del nucleare: il 55% degli aventi diritto ha partecipato al voto chiedendo a gran voce, con il 94% delle preferenze, di abrogare le norme che erano state introdotte dal governo per consentire la produzione di energia elettronucleare in Italia. Sempre secondo Eurobarometro, tra i principali motivi di diffidenza degli italiani e degli europei, oltre alla possibilità di incidenti con gravi conseguenze ambientali, c'è l'incapacità di trovare una soluzione sicura alle scorie radioattive e il timore di attacchi terroristici agli impianti nucleari. Una sfiducia che, però, si era fatta largo anche prima di Fukushima. In un'indagine Eurobarometro del 2010, quindi precedente all'incidente giapponese, la maggioranza degli italiani (il 55%, una percentuale di poco superiore alla media europea pari al 51%), riteneva che i rischi della produzione di energia nucleare superassero i vantaggi, mentre solo il 27% era convinto del contrario. La fiducia nella scienza - rileva nel volume Giancarlo Sturloni - non viene meno ma, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, è stata via via sostituita da un atteggiamento maggiormente critico, una sorta di 'fiducia condizionata'. "Secondo il 79% dei cittadini europei - si legge nel testo - le autorità governative dovrebbero costringere gli scienziati a rispettare precise regole etiche, mentre il 59% ritiene che gli scienziati dovrebbero sforzarsi di più di informare il pubblico delle loro ricerche. Inoltre, la maggioranza degli europei (il 58% la pensa così) non crede che gli scienziati siano sempre attendibili quando sono coinvolti in una controversia perché troppo condizionati dai finanziamenti che ricevono dall'industria privata". La massima fiducia viene accordata a medici, ricercatori universitari, associazioni ambientaliste e associazioni di consumatori, mentre ai livelli più bassi si trovano le istituzioni governative, ricercatori del settore privato e imprese. Secondo i dati delle indagini pubblicate nel 2007 e nel 2010, riportate nel testo, anche nell'ambito specifico della sicurezza nucleare, i cittadini europei ritengono che gli scienziati siano la fonte di informazioni di gran lunga più affidabile.