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Siamo tutti Checco Zalone: vince la comicità pura in cui ognuno si rispecchia

Andrea Tempestini
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Ormai lo sanno anche i sassi, Quo Vado? è il nuovo film di Checco Zalone. Che ha incassato 22.248.121 euro in tre giorni, più o meno quanto ha guadagnato Star Wars, che però è fuori da settimane e sono quasi quarant'anni che fidelizza seguaci e seduce nuovi adepti. Ma il trionfo di Checco non si sostanzia solo negli incassi. Noi l'abbiamo visto in un cinema di Milano centro sabato scorso e abbiamo assistito a scene di vero tripudio, applausi a film in corso, applausi a film finito, cori quasi da stadio: una compartecipazione dello spettatore a quanto vedeva sullo schermo che prima apparteneva soltanto ai film porno. Quo va, dove va, quindi, Checco, è facile da dire: verso la consacrazione assoluta. E come spesso accade in questi casi, è partita la «corsa collettiva al commento». Ricordate Friedrich Nietzsche a Torino quando - incominciando a impazzire - si fermò per strada a guardare un cavallo frustato e l'abbracciò piangendo, gridandogli - secondo una delle varie versioni - «Io ti capisco!»? Sta accadendo la stessa cosa con Checco: tutti quelli che prima lo snobbavano ora si sentono in diritto, anzi in dovere di esprimere il proprio parere, dall'anonimo commentatore del web al vip al ministro al quotidiano intellettuale. Tutti costoro, che prima lo consideravano ciarpame comico senza pudore, «lo capiscono» e ce lo vogliono spiegare... Il che fa piuttosto ridere. È la «comicità derivativa»: il talento comico di Zalone è così grande che si riverbera anche su chi ne parla. Quo vado? racconta, tra l'altro, uno Stato italiano che preferisce liquidare a suon di soldoni i dipendenti delle Province pur di liberarsene. È quello Stato di cui Matteo Renzi è esponente di un certo livello e dovrebbe sentirsi chiamato in causa. Invece, al solito prontissimo a vampirizzare il successo altrui, il premier ci ha tenuto a far sapere all'universo mondo, tramite intervista alla Stampa, che lui Quo Vado? l'ha visto insieme coi suoi figli, tenendoci pure la lezione di grande comicità derivativa: «Sorrido di fronte a certi cambi di atteggiamento: fino a ieri era un reietto volgare, snobbato da certi intellettuali. I professionisti del radical chic, che ora lo osannano dopo averlo ignorato o detestato, mi fanno soltanto sorridere». I professionisti del radical chic, cioè lui. Che difatti ora s'inventa fan di Checco. Renzi non è il solo a tentare di cavalcare il fenomeno-Zalone, proiettandolo su di sé nell'ennesimo «storytelling»: altro «radical chic» pronto a osannare il comico pugliese al punto da risultare grottesco è il ministro della Cultura Dario Franceschini, il quale ha twittato: «Grazie a #CheccoZalone! L'incredibile record di #QuoVado con sale ovunque stracolme di spettatori, fa bene a tutto il cinema italiano». «Grazie» di cosa? Di essere un comico che ce l'ha fatta nel ferocissimo mondo del cinema italiano, in cui spesso si coprono di finanziamenti pubblici film di vera cacca che in sala non vede pressoché nessuno? Come dicevamo, è la comicità derivativa: le uscite del ministro della Cultura fanno ridere quasi come Quo Vado?. E mentre i giornali si interrogano se Zalone sia di destra o di sinistra, sul Corriere Adriano Celentano gli ha attribuito effetti taumaturgici: «Quando mi capita magari di essere un po' stressato a causa di una eccessiva concentrazione sul lavoro, anziché prendere 5 gocce di Lexotan accendo il televisore», ha scritto il Molleggiato. «Zalone è anche un efficace toccasana di cui le farmacie non possono essere sprovviste». Casomai la similitudine corretta sarebbe stata con un eccitante, non con un sedativo, giacché Checco fa morire dal ridere, non addormentare... Via Facebook, invece, è intervenuto Gabriele Muccino, che ha ringraziato Zalone perché «abbiamo tutti bisogno di film come i tuoi». E c'è da credere che gli odiatori del web non lo linceranno come fecero quando ebbe il fegato di criticare l'opera cinematografica di Pasolini. Ha senso che Muccino parli di cinema, essendo lui un regista con rara passione per la sua arte. Meno che di Checco si mettano a fare gli esegeti persone che col cinema e l'ideologia della comicità di Checco hanno zero a che fare. Ma qual è l'ideologia di Checco? Nessuna. Zalone incarna una comicità nuovamente pura, fatta di varie sfumature. C'è, nei suoi film, una grande percentuale di comicità demenziale, dietro la quale però si nasconde una marea di possibili letture: dalla più semplice e immediata alla più raffinata e intellettuale. La grandezza di Checco sta nella sua capacità di riscrivere comicamente tutto: dalle tirate di Massimo Gramellini alla pugnetta fatta a un orso polare (in una delle tante scene esilaranti di Quo vado?). Checco sa ridere di qualunque cosa proprio perché non è ideologico. Anzi, le ideologie le infila tutte nei suoi film per prenderle in giro. In Quo Vado? dileggia: l'italiano schiavo del posto fisso e innamorato della mamma; la femminista fricchettona con figli di tutte le etnie e religioni; l'ecologismo; l'animalismo; l'inciviltà. Prende in giro tutte queste cose però mostrandole, incarnandole, senza ergersi superiore a nessuno. La sua comicità pura è politicamente scorretta verso tutti. Vi pare poco? No, perché è la comicità che in Italia non si vedeva da tempo. Da queste parti vigeva una rigida dicotomia: da un lato la comicità ideologizzata e intellettualoide (da Nanni Moretti ai Soliti Idioti passando per i Guzzanti); dall'altro i cinepanettoni, cioè il disimpegno assoluto. Checco invece inserisce nei suoi film questioni sociali e politiche e ideologiche, ma per farne oggetto di comicità totale, senza prendere mai posizione. Questa è la sua forza: aver risciacquato i panni della comicità italiana nella comicità pura. Lo dice infatti anche lui: «Io non voglio fare analisi sociologiche (...) ma solo far passare un'ora e mezza a ridere». In realtà le analisi le fa, ma non ci conficca sopra bandiere, se non quella della risata. di Gemma Gaetani

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