S'intitola Amy, mia figlia ed è il libro-confessione di Mitch Winehouse, padre di Amy Winehouse, la cantante trovata morta a soli 27 anni nella sua abitazione di Camden Town a Londra. L'uomo ha voluto liberarsi di un peso che lo accompagnava da molto tempo, il suo dolore ha trovato sfogo sulle pagine di un diario tenuto dal 2007 al 2011 in cui ha raccontato l'inferno, iniziato nel 2005, vissuto dalla figlia al fianco di Blake Fielder-Civil. Sulla morte della figlia, l'uomo esclude categoricamente la droga: "L'eroina entrò nella vita di Amy insieme a Blake Fielder-Civil ma è falso che sia morta per overdose. Amy aveva chiuso con la droga da tre anni". La dipendenza dall'alcol - Dopo anni trascorsi a pagare dosi per sé e il marito, la cantante era riuscita finalemtne a liberarsi dei suoi demoni più grandi; la droga e ne era uscita ma era piombata in un altro terribile vizio, quello dell'alcol. Il padre racconta che nelle ultime settimane la situazione era diventata insostenibile: "Purtroppo il vizio di bere sostituì quello delle droghe e i sintomi che mostrava nelle ultime sei settimane di vita erano quelli tipici degli alcolisti in astinenza. Lo scompenso degli elettroliti, che avviene quando da un'assunzione smodata si passa all'astinenza totale l'ha uccisa". L'eredità artistica - Parlando dell'eredità artistica della figlia, l'uomo racconta: "Sono io che le ho trasmesso la passione del jazz e in realtà lei scriveva testi continuamente ma il suo notebook è stato rubato e non sappiamo in che mani sia. Aveva inciso una canzone per Quincy Jones, aveva ripreso a pensare a un nuovo album. Era una ragazza splendida, la sua unica debolezza era Blake".