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Gianni Morandi, strana frase al concerto: "L'eterno riposo è un attimo"

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Leonardo Iannacci
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Non ci fosse da sempre (o quasi), dovrebbero inventare Morandi Gianluigi, nato a Monghidoro l’11 dicembre 1944 sotto il segno del Sagittario. E clonarlo. In questi giorni di primavera l’incredibile Highlander di 78 anni - e da studiare in biologia - sta scaldando il cuore delle 10.000 persone che lo vanno trovare ogni sera nei palasport quando passa il suo nuovo tour Go Gianni, go! Ieri sera era in scena a Torino questo satanasso che non sbaglia mai una nota e diverte con canzoni di ieri di oggi, le ultime contenute nella track-list del nuovo album Evviva!, retaggio della riuscita collaborazione con Jovanotti. L’impressione è la solita, quando lo sentiamo e, soprattutto, lo vediamo: noi invecchiamo, lui no. Forse perché trova sempre stimoli diversi dopo 55 anni di una carriera che negli Stati Uniti definirebbero leggendaria.

MATTATORE
O forse perché vampirizza la sua giovane band, trascina le coriste, ipnotizza chiunque, da consumato mattatore qual è. Morandi ci scherza sopra dopo l’ennesimo acuto tenorile, a metà show: “Dai, anche stasera ce l’ho fatta, eppure la fatica comincio a sentirla. L’altro giorno pensavo: il tempo passa, poi rifletto e mi accorgo che ho cominciato a cantare quando era Papa Giovanni XXIII. Nella mia esistenza ho attraversato 6 pontificati e decine di governi. Ne ho viste di tutti i colori. All’età ci penso, ovviamente, ma il fatto di trovarmi ancora in mezzo a così tanta gente per cantare resta una sensazione unica, è la stessa che provai ad Alfonsine nel 1958, quando tutto è iniziato».

Sospeso tra il tuffo in un passato musicale che è reflusso di cinque generazioni desiderose di specchiarsi in questo artista per dimenticare con lui il tempo che passa, lo show è attualità artistica allo stato puro, esaltata da un senso di leggerezza e divertimento. Ma non mancano- e questa è la novità- momenti che riflettono i 78 anni del Morandi-uomo il quale, sempre con il sorriso sulle labbra, esorcizza gli anni che scorrono, il tic-tac della vita, le malattie, la vecchiaia, persino la morte. «Come era quella battuta? Dall’eterno ragazzo all’eterno risposo il passo può essere breve...», dice a un certo punto del concerto, quando il fiato sembra venir meno e, invece, è ancora tonante per lanciarsi negli acuti delle “dalliane” Caruso e Futura, omaggi all’amico che non c’è più: “Ancora oggi, quando cammino nel centro di Bologna mi sembra di vedere Lucio Dalla spuntare da una colonna, con la sua risata sardonica. Quanto ci manca...».

COLPO DELLA STREGA
Dicevamo che quando spuntano, tali velature di tristezza vengono scacciate con il sorriso, per esempio improvvisando la gag delle pillole che ingerisce sul palco: «Allora, vediamo: questa per la pressione, questa per il colesterolo, questa per la prostata». Il pubblico gradisce, anche quando finge un colpo della strega prima di lanciarsi nei medley delle canzoni che lo resero star al Cantagiro e a Canzonissima (In ginocchio da te, Un mondo d’amore, C’era un ragazzo, Scende la pioggia) e altre più recenti quali Vita, Canzoni stonate, Grazie perché sino alla sanremese Apri tutte le porte. La “freschezza non manca, la voglia di stupire e stupirsi pure. Alla fine, più stanchi noi di lui, eccoci nel suo camerino per un tuffo negli anni ’60 quando la notte ci pesca a parlare, ohibò, di Beatles e spunta l’aneddoto di quando John Lennon, nel 1969, chiuse il celeberrimo show sul tetto, l’ultimo nell’epopea dei Fab Four, con il congedo più glamour di sempre: «Grazie a tutti, la nostra band spera umilmente di aver superato l’audizione...». Al ricordo, Gianni ride di gusto, poi vola via nella notte, umile e leggero, oggi come ieri. A noi lascia il solito dubbio: perché questo Dorian Gray non invecchia mai e noi sì? Dove avrà nascosto il dipinto, maledizione?

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