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Mediaset, la sentenza di Simona Branchetti: "Cosa rappresenta Bianca Berlinguer"

Daniele Priori
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Morning News prolunga. Andrà avanti fino al 22 settembre. E dalle parti della redazione dei “mattinieri” di Canale 5 il clima si fa festoso. A tenere alto il morale, oltre che gli ascolti, della spin-off estivo di Mattino Cinque, è la conduttrice Simona Branchetti. Forlivese, classe ’76, giornalista con una gavetta sulla carta stampata del suo territorio. Arriva a Cologno Monzese passando per SkyTg24. Da tre anni è la signora delle mattine d’estate dell’ammiraglia Mediaset.

Simona, lei si sveglia presto. Che aria tira in tv in quest’estate 2023?
«È iniziato tutto tre anni fa, anche un po’ in fretta e furia. Fui scelta e mi affidarono il programma in 48 ore. La differenza sostanziale con Mattino Cinque è che Francesco Vecchi e Federica Panicucci sono in due, mentre io sono da sola in conduzione».

Cosa cerca il pubblico televisivo al risveglio?
«C’è moltissima attenzione da parte delle famiglie verso i temi economici, in particolare si bada all’economia famigliare che io amo chiamare del salvadanaio a porcellino. Ci scelgono le persone che devono far quadrare i conti dei bilanci delle famiglie che di questi tempi non tornano mai».

Come appellativo preferisce giornalista o conduttrice?
«Mi piacciono entrambe e credo possano coesistere. Io sono una giornalista, nasco sulla carta stampata che ha il compito di indagare più a fondo le cose. Poi però arrivo in tv. E ogni giornalista televisivo diventa anche un conduttore, un divulgatore, ruolo che mi sento cucito addosso».

Che cosa significa essere un’anchor woman televisiva?
«L’anchorwan all’inglese è colei che sta in studio e sta anche in campo. Qualcosa che non c’era fin quando non sono arrivate le all news, SkyTg24 - dove io televisivamente sono nata - e TgCom. Si è interrotta così la tradizione dei telegiornali italiani che separavano i ruoli del conduttore e dell’inviato. Si immagini che ci chiamavano i Barbie della tv proprio perché eravamo tutti giovani e rampanti. Ma è stata un’esperienza meravigliosa perché lì ho gettato le basi di quello che so fare».

Ha qualche modello?
«Tutti direbbero Oprah Winfrey che pure apprezzo molto. Ma il mio vero mito è Cesara Buonamici. Ha un aplomb e una grazia uniche nell’entrare nella casa delle persone. La metto al pari di Bruno Vespa ed Enrico Mentana che sono miti assoluti. Tra i più giovani Nicola Porro è un fuoriclasse. Poi come non ricordare Andrea Purgatori che è stato anche mio professore alle lezioni di giornalismo. Un uomo di una ricchezza culturale straordinaria».

Bianca Berlinguer a Mediaset è il simbolo di una rivoluzione?
«Senz’altro lo è. È una grandissima professionista. Un nome. Quella dell’editore è stata una scelta sicuramente azzeccata, lungimirante, forte e coraggiosa».

Barbara D’Urso o Myrta Merlino?
«Credo possa esserci spazio per entrambe. La tv è un mostro che si trasforma in continuazione».

Quindi la casalinga di Voghera esiste ancora...
«Certo che esiste. Può chiamarla con ironia casalinga di Voghera, io le dico che le donne che stanno a casa e tengono le redini della famiglia oggi sono istruite e sanno quello che cercano».

Ha scritto anche un libro: Donne è arrivato lo smart working. Perché?
«Per scegliere il titolo pensai al camioncino dell’arrotino (sorride). Lo smart working ci fu presentato come soluzione ai problemi quotidiani ma fu una soluzione improvvisa e improvvisata che, come l’arrotino, ha rivelato tutti i suoi limiti. Chi poi ha maggiormente patito il periodo di chiusura e lo smart working sono state proprio le donne costrette a lavorare e badare ai figli nello stesso tempo».

Cosa c’è nel futuro di Simona Branchetti?
«Preferisco non rispondere. Intanto arriviamo bene al 22 settembre...». 

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