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Giovanni Lindo Ferretti, "se fossi un figliol prodigo": perché la sua è una storia preziosa

Andrea Tempestini
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La prima volta – «fa sempre male» – è allo Zecchino d’Oro. Braghe di tela e calzette bianche, la Madre Superiora spinge per l'Ave Maria e il Mago Zurlì che chiede «una canzone dell'estate». Canta bene, ma la Madre Superiora è irremovibile: musica sacra o niente. Il Mago Zurlì così lo scarta e Giovanni Lindo Ferretti torna a Cerreto Alpi, dov’era nato nel 1953. Torna al collegio, alle suore. «Fedeli alla linea», ma «la linea non c'è». O meglio, c’è ed è grandiosamente imprevedibile. Infatti nei primi '70 ha vent’anni, Dio non è poi più così centrale, scende a Reggio Emilia, scopre Lotta Continua e il Pci. La militanza. Militanz-punk, è un passo: et voilà, ecco i CCCP-Fedeli alla linea. «Punk filo-sovietico e musica melodica emiliana», il contagio dei mondi, Cristo e ribellione. Nascono nel 1982, ma a Berlino, dove per caso incontra Massimo Zamboni: il Muro sullo sfondo, prende forma una pagina epica del punk italiano.

I testi di Ferretti sono l’esplosione lirica della sua complessità: la morte è insopportabile per chi non deve vivere, lode a Mishima e a Majakovksij e una strofa dopo produci-consuma-crepa, sbattiti-fatti-crepa. Sublime. Ma c’è un problema, per chi fa punk: ai concerti i versi spiazzano e la gente non balla. Problema risolto con Annarella e Fatur, professione performer: casino e pièce teatrali sul palco mentre Ferretti «continua a salmodiare». Poi cade il muro di Berlino e i CCCP non hanno più ragion d’essere. Il “poi” prende forma nel 1992, CSI – Consorzio suonatori indipendenti. Non ci sono più Fatur e Annarella, non c'è più il punk filo-sovietico, figurarsi la batteria elettronica degli esordi. «Mi ero ritrovato a vivere in un mondo anticonformista», punk e militanza, «dove l'anticonformismo era diventato una nuova tipologia di conformismo».

L’evoluzione del personaggio è magnetica e tortuosa. I CSI fanno quattro album, tra questi c'è Linea Gotica, 1996, per Rolling Stone ottavo disco italiano migliore di sempre. Forse meritava anche di più. Poi il viaggio in Mongolia con Zamboni e la rottura tra i due (umana e artistica) le cui ragioni restano tutt’oggi un mistero. Via i CSI e rientra, totalizzante, Cristo. Anche se «io sono religiosissimo» Ferretti lo diceva già a fine anni ’80, ai tempi di Socialismo e barbarie. Poi il cancro, ne esce miracolosamente vivo, e nel 2001 i PGR - Per grazia ricevuta. Musica sperimentale, per certi versi devota.

Dal 2009 c'è solo Giovanni Lindo Ferretti. La vicinanza a CL, le riflessioni per Avvenire, il cattolicesimo di stretto rito ratzingeriano, la puntata di Otto e Mezzo in cui freme di ammirazione per Giuliano Ferrara (erano i tempi di “Aborto? No, grazie”) e l’Elefantino che si schernisce. Ormai da anni Cerreto Alpi è tornato il centro del suo mondo: i cavalli, la Corte transumante di Nasseta, le rievocazioni medievali, gli spettacoli equestri. E la sigaretta sempre accesa.

Papà non lo ha mai conosciuto. Della madre, venerata e scomparsa nel 2011, ci ha detto molto. Di tutto il resto, eccezion fatta per il suo pensiero, non sappiamo quasi nulla. Ma quel che conta è proprio l’evoluzione del pensiero. Sta tutta lì, l’eccezionalità. Cantava: «Se fossi un figliol prodigo, avrei un vitello grasso, mi sono perso ad Istanbul, e non mi trovano più». Diceva: «La rinuncia di Ratzinger l’ho percepita come un segnale orribile dei tempi. Che, per semplificare, ha significato la fine dell’Europa». Un prima, un poi, la rivoluzione comunista e quella reazionaria. Una storia, quella di Giovanni Lindo Ferretti, preziosa. Tutta.
 

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