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Disney, ritorno al passato: la fine del politicamente corretto, ecco i nuovi cartoni    

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Luca Beatrice
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Non ci voleva Mago Merlino per capire che con film del genere non sarebbero andati da nessuna parte. Basta con il “woke”, l’incomprensibile termine chiave della correttezza politica, si torni al classico quando i cartoni animati servivano solo per intrattenere e non mandare messaggi, scritti da adulti ossessionati e ipocriti che peraltro di bambini capiscono poco o niente.

L’ha detto, senza troppi giri di parole, Bob Iger, ceo di The Walt Disney Company, che ha fortemente criticato la gestione del suo predecessore Bob Chapek: non è il nostro compito, ha precisato, Disney ha sempre fatto film belli ma negli ultimi anni il prodotto si è di molto impoverito, in particolare le uscite del 2023 non hanno funzionato perché i cartoons non si possono reggere sulla tirannia della cancel culture. Lo scherzo è costato agli azionisti circa un miliardo di dollari. Le favole, di norma, sono cattive, ingiuste, ciniche, se si tolgono queste caratteristiche i bambini si annoiano. Principi e principesse ci sono sempre state, soprattutto le femminucce da che mondo e mondo si identificano con creature diafane, bionde, angeliche, magre e ben vestite, proporre loro a modello la Mirabel Madrigal di Encanto, 15 anni, occhialuta e stramba potrà accontentare qualche madre progressista con il gonnellone e gli zoccoli ripresi dagli anni ’70, non le loro figlie che ricercano ancora la bellezza.

ACCETTAZIONE E INCLUSIONE
Per non dire del corto Reflect uscito lo scorso anno e praticamente dimenticato, protagonista una ballerina over-size che secondo le intenzioni avrebbe dovuto indagare i temi dell’accettazione di sé e dell’inclusione. Soldi buttati al vento, di persone sovrappeso nella realtà ce ne sono già molte, perché imporle anche alle bambine che sognerebbero un fisico perfetto come Esmeralda del Gobbo di Notre Dame o Mulan?

Non a caso stiamo parlando di due personaggi “diversi” che all’epoca andarono benissimo perché funzionali alle storie, e infatti le mie figlie giocavano con le Barbie che rappresentavano i loro personaggi, una zingarella e una guerriera dai tratti mongoli. Altra cosa è stravolgere Biancaneve nel live action previsto nel 2024: niente principe azzurro e i nani non sono proprio nani ma strani personaggi in rappresentanza di tutte le etnie, almeno una donna per garantire la quota lesbica. Se possibile, operazione ancora più maldestra rispetto alla nuova edizione della Sirenetta, in barba allo scrittore danese Hans Christian Andersen, interpretata anche qui nel live action dall’attrice di colore Halle Bailey.

BACIO QUEER
Una scelta etnica decisamente banale che sconcerta piccini e genitori dotati di buon senso, perché ogni favola si ambienta in un contesto storico, culturale e geografico, estrapolarla dall’ambiente in cui è nata non ha davvero alcun senso e i primi ad accorgersene sono proprio i più piccoli. Le sciocchezze del woke hanno colpito anche due personaggiminori della saga Toys. Il nuovo Lightyear- La vera storia di Buzz è stato vietato in diversi paesi per via di un bacio queer, con relative polemiche sulla legittimità di sensibilizzare i bambini già così presto, levando loro il piacere e l’emozione fatata che svegliava la principessa (senz’altro bella) dall’incantesimo della strega cattiva, giustamente brutta. 

C’è chi ha protestato per i due siamesi di Lilly e il vagabondo che prenderebbero in giro i cinesi e chi ha contestato la prevalenza di nasini alla francese, meglio alternarli con proboscidi elefantiache ma realistiche. Pare invece che il delirio si stia fermando e anche gli americani, che prendono sul serio ogni cosa tanto da scivolare nel parossismo, sembrano ritornare sui loro passi. Quantomeno la Disney, stanca di produrre film assurdi. Magari è bastato chiedere cosa pensano ai bambini: 9 volte su 10 le scelte sono più intelligenti di quelle degli adulti, con le loro manie di mandar messaggi per mondarsi dai sensi di colpa. La tradizione è salva, buona notizia per questo Natale, mi rimetto subito su Peter Pan anche se “discriminava” gli indiani.

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