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Gianluca Grignani si confessa: "No, non sono maledetto"

Gianluca Grignani

Fabrizio Biasin
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Ciao Gianluca (Grignani, gigante della musica italiana, il 3 aprile in concerto all’Alcatraz di Milano), dimmi la verità: quanto ti piace fare interviste?
«Molto, anzi moltissimo, ma quando non sono stupide! Non vedo l’ora di fare questa perché sono sicuro che non lo sarà!».

Ahahah, preghiamo insieme. Tu che vieni dalla “Fabbrica di plastica” cosa pensi di questo “nuovo mondo” così plastificato?
«Dipende se ti riferisci al mondo in generale o al mondo della musica. La fabbrica di plastica era rivolta al modo musicale. In questo senso è diventata ancora più grande, è basata sui numeri, ma a volte è una misura effimera».

 

 

 

Si dice che gli artisti col tempo perdano l’ispirazione e che i primi due o tre album siano un picco non più raggiungibile, concordi o è una cazzata?
«Forse è così per molti, ma non per me. Ho sempre fatto album diversi tra di loro, sono sempre in fase di sperimentazione e di rivoluzione. Non c’è mai stato un momento in cui mi sono sentito meno ispirato. Magari lo sono stato in maniera diversa. E di questo ve ne darò prova a breve, prima con questo tour, Residui di rock’n’roll, che parte domani, a cui seguiranno prima un libro, poi un singolo, il primo capitolo della trilogia Verde smeraldo e, poi ancora, gli altri due album. Venerdì inizierà il live ma non si fermerà mai. Il tour è solo l’inizio di questo progetto!».

Come sta la musica oggi?
«La musica che viene fuori oggi è sempre la stessa, non ha futuro, come cantava Fossati».

Il tuo artista preferito di sempre?
«Non ho un artista preferito da sempre. In questo periodo lo è Eric Clapton».

Un giovane di oggi che ti piace parecchio?
«Senza dubbio Irama! Con lui ho un rapporto di amicizia, ci sentiamo spesso. È un ragazzo incredibile, ha una presenza scenica pazzesca. Per me è come se racchiudesse i Rolling Stones in un’unica persona».

Il tuo rapporto con i concerti?
«Quando sono sul palco mi sento a casa e sto meglio lì che a casa mia. Mi sento a mio agio senza ergermi, non lo faccio mai. Nei miei concerti succede sempre una cosa particolare: la sensazione che spesso provano le persone che vengono a vedermi è molto simile a quella che provo io guardando loro dal palco».

“Io credo che sia solo cielo, quello che vedo lassù...”. In Solo cielo manifestavi i tuoi dubbi rispetto al “dopo”. Cosa ne pensi oggi?
«Vorrei credere che ci sia qualcos’altro dopo la vita. Non è sempre facile, ma non mi sento di escluderlo».

La tua canzone preferita?
Layla di Eric Clapton.

La tua canzone “di Grignani” preferita?
«Quella che scriverò domani! Quando ti manca il fiato, la canzone che ho portato a Sanremo l’anno scorso dedicata a mio padre, è sicuramente una delle canzoni a cui sono più legato. I motivi sono ovvi».

C’è qualcosa per cui vorresti chiedere scusa?
«Non ancora».

C’è qualcuno invece che secondo te dovrebbe chiederti scusa?
«Chi mi ha giudicato senza sapere, etichettandomi a soli vent’anni come un “maledetto”».

Non è ancora arrivato il “primo viaggio su Marte”. Vista la situazione nel mondo pensi che siamo in ritardo sulla tabella di marcia? E qual è la tua opinione sul delirio di guerre e cattiverie che asfissiano il pianeta?
«Spesso nelle mie canzoni (da Primo viaggio su Marte a Uguali e diversi passando per La Terra è un’arancia) ho cercato di lanciare dei messaggi sociali che rispecchiano il mio pensiero su tutti questi argomenti. Sono un esistenzialista, sono attento e dedito al sociale, non alla politica. La musica è il migliore modo che ho per esprimere il mio dissenso su queste barbarie».

 

 

 

Il tuo rapporto con la fama e con i fan?
«Credo di non aver mai subito gli effetti del successo. Chi mi conosce sa che io vivo per la gente. Il mio concetto di rock’n’roll si traduce nel fatto che il popolo è rock. Chi si alza la mattina per lavorare è rock, chi combatte per i propri ideali è rock. E comunque odio la definizione di fan, mi sembra riduttiva nei confronti di chi ama la mia musica. Senza la gente non ci sarei».

Quante storie hai avuto? Una, dieci, cento o mille?
«Mai abbastanza».

Spesso si è parlato dei tuoi problemi. Ti dà fastidio o pensi che faccia parte del gioco?
«“E c’è una cosa che io non ti ho detto mai/ I miei problemi senza te/ Si chiaman guai”. Quali problemi?».

Sei innamorato?
«Non dispiacerebbe esserlo, ma non lo sono».

Sei ricco?
«Di musica. Come dissi a Jovanotti, mentre eravamo dietro le quinte di Sanremo in attesa di salire sul palco con Irama, la musica mi esce copiosa».

Ti piacerebbe tornare indietro nel tempo? E, se sì, in che periodo della tua vita o della storia in generale?
«Non mi guardo mai indietro. Dietro ci sono i residui di rock’n’roll, mentre quello che vedo è il rock’n’roll davanti. Spero di fare altri residui di rock’n’roll, perché sono la mia storia, quella della gente e di chi viene a vedermi... La storia un po’ di tutti!».

Sesso droga e rock n’roll o divano, film e musica rilassante?
«Sesso, palco e rock’n’roll!».

Tra mille anni cosa vorresti che ci fosse scritto sulla tua lapide?
«Tu sulla tua? Scherzo! Quando arriverà il momento, sarai il primo a cui lo dirò!».

Che domanda del cazzo, pardon.

 

 

 

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