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Giulietta di colore, vietato criticare: finisce a denunce

Luca Beatrice
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A digitare su Google “Giulietta nera Londra” la maggior parte dei link riguarda ancora il famoso modello dell’Alfa Romeo. Segno evidente che la notizia non ha “bucato”, nonostante l’inevitabile scia di polemiche che si sta portando dietro. In sintesi, dall’11 maggio al 3 agosto prossimi il Duke of York’s Theatre della capitale inglese metterà in scena una versione del dramma shakespeariano Romeo e Giulietta diretto da Jamie Lloyd, più volte alle prese con le rivisitazioni del classico, e interpretato da Tom Holland che torna a teatro dopo gli esordi della versione musical di Billy Elliott (2009), conosciuto nel cinema per il ruolo di Spider Man e compagno della bellissima attrice Zendaya.

Se Holland farà Romeo, molto più divisiva la scelta di Francesca Amewaduh-Rivers nel ruolo di Giulietta: il suo curriculum è indiscutibile, laureata in musica alla Oxford University, collaboratrice dello Shakespeare’s Globe Theatre. Ciò che a molti inglesi frequentatori del web non è piaciuto, o almeno non ha convinto, è che sia stata individuata una donna di colore.
Partiamo da un presupposto: gli odiatori in rete, i leoni da tastiera, loro sì che sono una brutta razza (ne so qualcosa, seppellito da insulti gravi e lesivi per aver difeso in tv le ragioni del popolo di Israele), gente vigliacca e frustrata per definizione.

Giusto quindi il comunicato stampa diffuso dalla compagnia in cui si spiega «Dopo l’annuncio del cast del nostro Romeo e Giulietta, abbiamo assistito a un’intollerabile dimostrazione di abuso razzista online rivolto a un membro della nostra compagnia. Questi attacchi devono cessare. Stiamo lavorando con un incredibile gruppo di artisti e pretendiamo che siano liberi di svolgere il loro lavoro senza ricevere molestie online. Continueremo a sostenere e a proteggere tutti i membri della compagnia teatrale a tutti i costi. Gli abusi non saranno tollerati e verranno notificati a chi di dovere. Il bullismo e le molestie non dovrebbero avere luogo né online, né nella nostra industria né nella comunità in senso ampio. L’atmosfera nella nostra sala prove è piena di gioia e gentilezza, i nostri collaboratori sono incredibili e pieni di talento. Continueremo a prepararci per il debutto di Romeo e Giulietta con generosità e affetto, e ci concentreremo sulla creazione del nostro spettacolo».

Proviamo quindi a interrogarci su un’altra questione che riguarda le libere interpretazioni dei classici, teatro o opera lirica, proposte da registi e autori che usano il parametro dell’attualità nel tentativo di rendere ancora problematici testi in realtà molto tradizionali. Le riletture hanno sempre dato adito a polemiche, qualche volta funzionano se centrano il problema (altrimenti non sarebbe esistito Carmelo Bene), altre appaiono pretestuose, gratuite, e lo spettatore ha come la sensazione di trovarsi di fronte a suggestioni imposte dalle nuove regole di inclusione, dal cosiddetto woke, insomma che non siano propriamente scelte artistiche ma più che altro opportunistiche e furbette. Anni fa vidi una favola per l’infanzia nella versione di Emma Dante, in cui il principe azzurro alla fine si svelava come una ragazza. Niente di male, però intanto andava spiegato ai bambini confusi, e poi il tema del lesbismo sembrava messo lì ad hoc, senza nessuna particolare ragione. Molto diverso il caso della serie tv Bridgerton, molto apprezzata infatti, in cui diversi interpreti sono di colore o mulatti in una diversa società inglese di metà ‘800 ai tempi della reggenza, una scelta indovinata per un prodotto di largo consumo tratto da romanzi contemporanei.

La questione Shakespeare, messo più volte in discussione dalla delirante cancel culture, vietato nelle scuole della Florida per i troppo riferimenti sessuali, è invece più complessa, come per altri testi capitali nella storia della letteratura la cui struttura mal digerisce innovazioni stilistiche pretestuose. Questo è almeno ciò che pensa parte del pubblico inglese, selezionato tra gente di una certa cultura, habitué del teatro, quindi non soltanto rozzi abituati all’insulto gratuito. La cronaca ci conduce quindi a una considerazione: il politicamente corretto sta stancando perché risulta falso e costruito, non spinto da una ragione culturale profonda, ma usato per mero spirito di provocazione. Che però non va più a segno. Chi ama il teatro elisabettiano, evidentemente, preferisce una maggior filologia e ritrovarsi, ancora una volta nel buio della sala, immerso nelle atmosfere cinquecentesche tra Verona e Mantova.
Senza nulla togliere a Amewaduh-Rivers, che dicono essere molto brava, forse quella di Giulietta, diafana e spiritata, non era esattamente la sua parte.

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